Proprio in questi minuti lo studio LRS è impegnato avanti alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella discussione del caso relativo all’indennizzabilità della c.d. epatite silente.
Le Sezioni Unite sono state investite della questione in considerazione del contrasto giurisprudenziale formatosi in seno alla Sezione Lavoro.
Con una prima pronunzia (Cass. civ. Sez. lavoro, 04-05-2007, n. 10214) la Corte, nel respingere un ricorso proposto dal Ministero, condividendo le conclusioni rassegnate dal sostituto procuratore generale, ha del tutto correttamente affermato che negare il diritto all’indennizzo a chi sia “solo” HCV positivo – ma non con epatopatia attiva – contrasterebbe con gli obiettivi “solidaristici” che la stessa normativa si era prefissata e che la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha precisato.
Ha concluso la Corte osservando che “la lettura costituzionalmente orientata della normativa di tutela, nel senso che l’indennizzo, pur non comparabile con il risarcimento del danno, è dovuto in tutti i casi di lesione permanente dell’integrità psico-fisica, cioè della salute come tale, indipendentemente dall’incidenza sulla capacità di produzione di reddito, conduce a ritenere sussistente il diritto a percepirlo del soggetto affetto da contagio HCV (sicuramente danno permanente alla salute), pur senza sintomi e pregiudizi funzionali attuali, dovendosi intendere il richiamo alla tabella A annessa al D.P.R. n. 834 del 1981 quale prescrizione dei criteri di massima finalizzati alla liquidazione“.
E ancora: “la doverosa interpretazione in senso costituzionalmente orientato della normativa conduce a ritenere che il danno alla salute – e non già l’incapacità lavorativa generica – rappresenta l’unità di misura che deve potere essere applicata al fine del riconoscimento dell’indennizzo”.
Con una seconda pronuncia (Cass. civ. Sez. lavoro, 24-06-2008, n. 17158) la stessa Corte – in composizione differente – è invece pervenuta ad un risultato diametralmente opposto, enunciando il seguente principio di diritto: “La normativa di tutela dettata dal combinato disposto della L. n. 210 del 1992, art. 2, comma 1, e art. 4, comma 4, riferita ai soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni ed emoderivati, che prevede l’indennizzo in favore dei suddetti soggetti non trova applicazione nei casi di lesioni pur permanenti dell’integrità psicofisica, che non hanno però, in ragione dello stato “quiescente” della infermità, incidenza alcuna sulla capacità di produzione di reddito, con la conseguenza che non può essere riconosciuto il diritto a percepire il suddetto indennizzo da parte del soggetto affetto da contagio HCV che, per non presentare sintomi e pregiudizi funzionali attuali stante l’assenza di citolisi epatica in atto, è portatore di una infermità non rientrante in alcuna delle categorie richiamate dalla tabella A annessa al D.P.R. n. 834 del 1981“.
Vi terremo aggiornati sull’importante vicenda, che avrà certamente significative ricadute anche sulla questione del risarcimento del danno biologico e delle transazioni.
Avv. Simone LAZZARINI