Vista la risonanza della questione, del resto pienamente giustificata dalla portata della decisione, si ritiene opportuno illustrare il contenuto della nota ordinanza n° 377 della Corte Costituzionale – anno 2007 – pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 14/11/2007.
Con tale ordinanza, la Corte Costituzionale dichiara che il concessionario della riscossione (è obbligatorio parlare al singolare, esistendo ora Equitalia S.p.A.) ha “l’obbligo di indicare nelle cartelle di pagamento il responsabile del procedimento” allo scopo di “assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa, la piena informazione del cittadino (anche ai fini di eventuali azioni contro il responsabile) e la garanzia del diritto di difesa”.
La Sentenza viene spesso propalata ai quattro venti, ne viene evidenziata la portata innovativa e, potenzialmente, “distruttiva”. Il corollario che spesso viene dedotto dalla sopra trascritta proposizione è il seguente: “le cartelle esattoriali senza indicazione del nominativo del responsabile del procedimento sono nulle”.
In realtà, quest’ultima è una semplice deduzione, possibile, ma non automatica. La Corte Costituzionale non ha affatto detto “Le cartelle esattoriali senza indicazione del nominativo del responsabile del procedimento sono nulle” per il semplice motivo che la Corte non emette Sentenze od Ordinanze di questo tipo.
Chiedendo un po’ di pazienza a chi già conosce la materia, giova rammentare (semplificando) che la Corte Costituzionale giudica sulla conformità alla Costituzione della legge e degli atti aventi forza di legge.
La norma sottoposta al vaglio della Corte è l’art. 7 l. 212/2000 (cioè il famoso – o forse non abbastanza famoso – “Statuto del contribuente”). Tale norma prevede che i concessionari della riscossione (cioè Equitalia) devono indicare tassativamente, tra l’altro, il nome del responsabile del procedimento.
La Commissione Tributaria Regionale del Veneto ha chiesto alla Corte Costituzionale se tale obbligo è conforme alla Costituzione, perchè, secondo la Commissione Tributaria, tale obbligo sarebbe “fine a se stesso” e quello posto in essere dai concessionari della riscossione non è un vero e proprio procedimento. Quindi, secondo la Commissione Tributaria, la norma in questione sarebbe incostituzionale nella parte in cui impone ad Equitalia di indicare il nominativo del responsabile.
La Corte Costituzionale ha risposto negativamente al quesito: l’art. 7 l 212/2000 è conforme alla Costituzione anche nella parte in cui impone “tassativamente” tale obbligo al concessionario. Ha anche soggiunto (ed è il caso di sottolinearlo) che il principio non è affatto nuovo e si rinviene anche nella l. 241/1990. Esso principio deriva dall’art. 97 Cost. e ne costituisce attuazione. L’obbligo di indicare il nome del responsabile del procedimento vale, dunque, sia per l’amministrazione finanziaria sia per i concessionari della riscossione.
E basta. La Corte Costituzionale non ha detto (non è suo compito) che cosa succede se quest’obbligo viene violato e, quindi, non ha detto nemmeno che le cartelle senza indicazione del nominativo (ecc. ecc.) sono nulle.
Questa affermazione – che (è chiaro) – ha una sua logicità e legittimità – non c’è.
Sarà compito dei giudici ordinari sentenziare che cosa accade se i concessionari non indicano il nominativo del responsabile.
Pertanto, prima di lanciarsi a testa bassa contro il concessionario della riscossione, sarà opportuno
a) ricordarsi che le cartelle esattoriali vanno impugnate nei termini davanti al giudice competente : se non si impugna o se l’impugnazione è tardiva non si potrà far valere nessun vizio
b) motivare la ragione per la quale l’omissione del nominativo (e quindi la cartella va conservata tutta, busta compresa) causa la nullità della cartella stessa.
Insomma: un principio importante (o importantissimo) che dovrà essere usato con criterio.
Avv. Roberto Rossi
PS: la Sentenza è disponibile direttamente sul sito della Corte Costituzionale senza che vi sia necessità di linl, password etc.
PS2: vale la pena di notare che già qualche Giudice di Pace (nel 2005) aveva, per così dire “precorso i tempi” affermando, anche se con qualche diversità, lo stesso principio ora sostenuto dal Giudice delle leggi.