Ciclicamente dal 2007 appaiono su internet ed anche altrove articoli del seguente tenore: con una recente Sentenza la Cassazione ha dichiarato illegittima l’applicazione dell’Iva sulla Tarsu; potete chiedere quindi indietro dieci anni di Tarsu se fate così e cosà. Il “così e cosà” comporta di solito l’iscrizione a qualche associazione – onlus – patronato e, inevitabilmente, il pagamento di una quota associativa.
Anche se ridere fa buon sangue, però, sulle tasse è difficile scherzare. Soprattutto è pericoloso fidarsi del passaparola e del “si dice”.
Il consiglio è risalire alla fonte. Si cita una “recente sentenza della cassazione”; quale? Si fa cenno a “migliaia di ricorsi” pendenti. Con quale esito?
Il fatto è che la questione è purtroppo più complicata di quanto possa apparire da certe trionfalistiche (e, a volte, imprecise quando non approssimativamente scopiazzate) affermazioni.
Andiamo con ordine. Avverto subito che questa è una semplificazione, dato che ci sono stati numerosi interventi legislativi in materia, ma, ai fini illustrativi del presente articolo, reputo sia una semplificazione accettabile.
Bisogna innanzi tutto distinguere “tassa” e “tariffa” .
La tassa, sappiamo più o meno tutti cos’è: un tributo, una prestazione patrimoniale imposta a prescindere da altri fattori, che trova la sua fonte nella legge e legata alla capacità contributiva.
La tariffa può essere definita come un prezzo, determinato da qualche autorità pubblica (es: comune CIPE), di servizio reso. Un corrispettivo, insomma. È tariffa, per esempio, la tariffa del servizio idrico integrato. È tariffa la TOSAP (a differenza della COSAP)
La TARSU è nata, almeno come concetto, nel 1941 – legge 366 ed è stata modificata e resa obbligatoria dal Dlgs 786/1981.
Il decreto legislativo 507/93 ha imposto ai comuni di adottare una tassa annuale, usualmente denominata Tarsu, da applicarsi su base tariffaria, cioè secondo regolamenti comunali.
Il Decreto Ronchi -decreto legislativo n ° 22/1997 – ha previsto che i comuni istituissero una tariffa per la copertura integrale dei costi per lo smaltimento dei rifiuti, sicchè può dirsi che dal 1997 la Tarsu è (o avrebbe dovuto essere) sostituita dalla TIA (Tariffa Integrata Ambientale). Lo stesso decreto, con complesso regime transitorio, prevede l’abolizione della TARSU. Di rinvio in rinvio il legislatore ha concesso termine ai comuni fino al 2008 per sostituire gradualmente la Tarsu con la Tia.
Nel 2006, tuttavia, il legislatore, con il Decreto 152/2006 ha introdotto la Tariffa per la Gestione dei Rifiuti Urbani che costituisce un corrispettivo che ha soppresso la TIA.
Da tutta questa complessa successione di norme deriva che ci sono comuni in cui esiste la TARSU, altri in cui esiste la TIA e che, secondo tempi di attuazione non prevedibili, tutt’e due le entrate verranno sostituite dalla Tariffa per la Gestione dei Rifiuti Urbani.
Ma torniamo alla Tarsu /TIA e sveliamo l’assassino: l’assoggettamento di TIA e TARSU ad IVA è legittimo od illegittimo?.
La “Sentenza recente” della Cassazione cui accennavo all’inizio, di solito, non viene citata. Peraltro una puntigliosa ricerca e dei siti istituzionali e dei siti non istituzionali induce ad affermare che la Sentenza in questione è la 17526/2007.
In tale pronuncia la parola IVA non compare nemmeno una volta in tutto il testo. Non compare neppure il DPR 633/1972 – cioè la legge sull’Iva.
La Sentenza però dice un’altra cosa: interessante, utile, positiva, ma un’altra cosa: anche se la TIA è una tariffa, continua ad essere, in pratica, un tributo.
Va precisato che la Cassazione è intervenuta sul tema, magari incidentalmente, con le pronunce 13902/1997, 4895/2006, 5298 e 5297/2009, sostanzialmente confermando sempre, sia pure con diverse sfumature, la natura tributaria della prestazione.
Da questa tesi, qualche interprete (la genericità è d’obbligo perché di solito gli articoli non sono firmati) deduce che l’Iva – in quanto “tassa su tassa” – è illegittima.
Sul punto è intervenuta, or ora – e cioè con la Sentenza 238/2009 del 24/7/2009 – la Corte Costituzionale in persona. Il testo della Sentenza è disponibile gratuitamente sul sito della Corte stessa.
Sono dieci pagine di Sentenza – scritte in piccolo – ma quel che conta ai fini che interessano è riportato al punto 7.2.3.6.
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