Tutti sappiamo che, per cautelare la riscossione dei crediti da parte di Equitalia, il concessionario della riscossione, dopo la notifica della cartella ed il mancato pagamento, era solito iscrivere ipoteca sui beni del debitore (o presunto tale), a volte senza neanche avvisarlo.
Una doglianza ed frequente motivo di ricorso era rappresentato dalla sproporzione tra il credito riscosso ed il rimedio cautelare adottato.
Il debitore / contribuente si lamentava cioè del fatto che, per proteggere un credito magari irrisorio, Equitalia aveva iscritto ipoteca su un immobile di valore ben superiore, con tutte le conseguenze negative che ciò comporta.
Da ciò, sosteneva qualcuno, discende la illegittimità dell’iscrizione ipotecaria.
Sul punto c’era difformità di pronunce: alcuni sostenevano che l’iscrizione ipotecaria era legittima a prescindere dall’entità del debito cautelato, altri affermavano che, sotto una certa soglia, lo strumento dell’iscrizione ipotecaria era eccessivo.
La questione è finita alle Sezioni Unite della Cassazione che, tra l’altro, hanno il compito proprio di dirimere i contrasti giurisprudenziali. La loro decisione è dunque di notevole importanza poiché, almeno fino ad una nuova pronuncia contraria delle stesse Sezioni Unite (caso possibile, in teoria, ma rarissimo), quanto le SSUU affermano vincola, di fatto, tutti gli altri giudici.
Con la Sentenza 4077 del 22 febbraio 2019 le SSUU hanno così statuito: “rappresentando un atto preordinato e strumentale all’espropriazione immobiliare, anche l’ipoteca esattoriale soggiace al limite per essa stabilito, nel senso che non può essere iscritta se il debito del contribuente non supera gli 8.000,00 euro“.
Prima di esaminare brevemente la decisione, è opportuno ricordare che il concessionario della riscossione iscrive ipoteca sempre per un importo pari al doppio dell’entrata pretesa, dunque, se il debito è di 8.000,00 euro, l’iscrizione ipotecaria è di 16.000, se il debito è di 4.000,00 euro, l’iscrizione ipotecaria è di 8.000. Dall’esame della Sentenza appare abbastanza chiaro che essa si applica se il debito non l’iscrizione è inferiore ad 8.000,00 euro.
Puntualizzato quanto sopra, è perfino superfluo rilevare come la pronuncia in commento abbia sollevato aspre critiche da parte dei concessionari della riscossione che ne hanno lamentato, soprattutto, la laconicità.
Invero, visto la portata applicativa del principio giurisprudenziale in commento, forse il Massimo Consesso poteva scrivere di più, ma, anche così, è possibile ricostruire il ragionamento delle Sezioni Unite.
Si parte dal concetto – ormai non più contestabile – che l’iscrizione ipotecaria sia uno strumento funzionale e preordinato all’esecuzione. Numerose sono le pronunce anche della Cassazione che depongono in tal senso.
Insomma: l’iscrizione ipotecaria serve a “bloccare” il bene (esattamente come le c.d. ganasce fiscali alias fermo amministrativo) onde impedire che il debitore se ne spogli, sottraendolo all’azione esecutiva del creditore ed onde attribuire al creditore il c.d. “diritto di sequela”, il quale consente di pignorare l’immobile ipotecato agendo esecutivamente non solo contro il debitore, ma anche cntro colui al quale il debitore stesso abbia venduto il bene.
Con un elevato grado di probabilità il ragionamento seguito dalla Suprema Corte (che forse davvero meglio avrebbe fatto ad esplicitarlo) è stato il seguente: siccome l’iscrizione serve in vista del futuro pignoramento, se non è possibile pignorare allora non è possibile ipotecare. Insomma: l’iscrizione, da sola, non ha senso alcuno. Deve essere possibile, in futuro, un pignoramento. Dato che, argomentando ex art. 76 e 77 DPR 602/73, non è possibile pignorare un bene immobile se il credito è inferiore ad 8.000,00 euro, allora non è possibile nemmeno ipotecarlo.
Tutto qui.
Poche parole, forse, magari anche troppo poche, ma, in fondo, abbastanza chiare.
Quali i mezzi di tutela? O, per meglio dire, come “sfruttare”, per così dire, questo principio?
Qui il problema è un po’ più complicato.
Sappiamo che, dopo la legge Visco – Bersani, l’iscrizione ipotecaria è (come il fermo amministrativo) un atto autonomamente impugnabile innanzi alle Commissioni Tributarie utilizzando il ricorso ex Dlt. 546/92 (è discutibile se sia possibile chiedere ex art. 47 la sospensione dell’atto impugnato, ma non vi è un esplicito divieto in tal senso).
Sappiamo però che successive e condivisibili interpretazioni giurisprudenziali anche di legittimità hanno precisato che è possibile ricorrere alle Commissioni Tributarie solo se la materia è di loro competenza (Cass. 6593 e 6594/2009). Semplificando: se si tratta di tributi. Dunque – e per tirare le fila – se Equitalia, per riscuotere un credito tributario d’importo inferiore ad 8000 euro, ha iscritto ipoteca, è possibile ricorrere in CTP entro i termini e con le modalità previste dal citato Dlt. 546/92 (si apre poi il problema della eventuale non comunicazione, da parte di Equitalia, dell’iscrizione, ma non è il caso di esaminare qui questo profilo).
E se Equitalia non ha agito per recuperare crediti tributari, ma altre entrate? Es. crediti INPS, sanzioni amministrative, entrate di diritto privato etc.?
Prima di rispondere è bene ricordare che quanto segue è la personale opinione dello scrivente.
In passato, si è visto ricorrere agli strumenti di cui all’art. 615 e ss. c.p.c., tuttavia, personalmente, dato che – come sopra visto – l’iscrizione ipotecaria non è un atto esecutivo, non mi appare corretto o, quantomeno, del tutto pertinente, un contenzioso con cui si contesta il diritto di controparte di procedere ad esecuzione forzata. Se si sostiene che un’iscrizione ipotecaria è illegittima, il petitum dell’iscrizione è la cancellazione, non – almeno a mio parere – accertare e dichiarare che controparte non ha il diritto di procedere ad esecuzione forzata immobiliare. Tale declaratoria, tutt’al più, è il presupposto logico / giuridico della cancellazione. Ritengo quindi possibile anche un’azione ex art. 2884 c.c.
Va da sé che, trattandosi di materia in continua evoluzione, tale personalissimo e sommesso parere ben può essere smentito dallo sviluppo della giurisprudenza – che si terrà comunque sotto costante controllo.
NOTA La sentenza in commento è gratuitamente scaricabile in formato PDF dal Sito della Cassazione.