E’ possibile “fermare” un fermo amministrativo? (od un’ipoteca esattoriale?)

Sul fermo amministrativo è stato scritto di tutto e di più, sia perchè la giurisprudenza in materia è stata piuttosto oscillante, sia perchè, in tale contesto dai contorni non sempre ben definiti, il legislatore è intervenuto con modifiche legislative piuttosto scoordinate ed incomplete.

Il fermo, secondo le Sezioni Unite della Cassazione, è il vincolo posto su un bene mobile al fine di facilitare l’esecuzione forzata sul medesimo. Assolve, cioè, alla medesima funzione cautelare dell’ipoteca.

Diverso è il preavviso di fermo, ossia l’avvertimento che il concessionario della riscossione rivolge al debitore, preavvertendolo che, in caso di mancato saldo del dovuto, eseguirà il fermo vero e proprio mediante trascrizione del vincolo sui pubblici registri.

Secondo alcuni il preavviso di fermo è atto impugnabile e contro il quale si può proporre ricorso d’urgenza; secondo altri (T. Napoli; T. Bologna) no. Secondo questa giurisprudenza, il preavviso di fermo ha lo stesso valore, in pratica, di una diffida ad adempiere; come  se fosse una raccomandata di messa in mora. Come tale, non è atto autonomamente impugnabile, meno che mai in Commissione Tributaria. Resta sempre il dubbio se sia proponibile un ricorso ex art. 700 c.p.c. ovvero ex 615 – 624 c.p.c. avanti al Giudice Ordinario.

Il fermo amministrativo, invece, è atto impugnabile – per legge (la Visco – Bersani) – davanti alla Commissione Tributaria. Le Sentenze le quali affermano che contro di esso può proporsi ricorso davanti al Giudice Ordinario si riferiscono sovente a fattispecie nate prima della Visco / Bersani e, quindi, vanno citate ed usate con molta prudenza.

Partendo dal presupposto che si tratta di atto autonomamente impugnabile davanti alla CTP si pongono almeno tre quesiti:

a) I termini: devono essere indicati in calce al fermo stesso; sono – in ogni caso – sessanta giorni. Il problema è stabilire da quando decorrono. Come detto, infatti, secondo una circolare, il concessionario della riscossione deve preavvertire il contribuente del fatto che sta per disporre il fermo (che, in caso di mancato pagamento, verrà poi disposto). Il preavviso di fermo, però, non è il fermo, che viene eseguito mediante iscrizione al PRA. A rigore, i sessanta giorni decorrono dal fermo, non dal preavviso. Però può capitare che il contribuente non si avveda del fatto che il fermo, già preannunciato, è stato disposto. E quindi vi sia incertezza sul momento a partire dal quale decorrono i termini. Il problema, di difficile soluzione, è causato dal fatto che il legislatore non obbliga il concessionario ad avvisare il contribuente che il fermo è stato disposto, ma solo a preavvertirlo. Preavviso del fermo e fermo, però, sono due cose differenti. Nel dubbio, pragmaticamente, è opportuno contare i termini per l’impugnazione dal preavviso.

 b) Se sia possibile chiedere la sospensione del fermo amministrativo. Come detto, il fermo è impugnabile in Commissione Tributaria e, davanti a tale organo, è possibile chiedere la sospensione dell’atto se ricorrono i presupposti di cui all’art. 47 Dlt. 546/92. Vi è qualche dubbio sul se e sul come si possa sospendere un atto cautelare, ma, ancora una volta, visto che il legislatore ha taciuto (non ha detto cioè “si deve ricorrere in Tributaria, ma non è possibile chiedere la sospensiva“), deve affermarsi che è possibile (sempre che ricorrano fumus e periculum). Lo scrivente, in un caso nel quale vi era pericolo di danno grave ed irreparabile, documentalmente provato, ha ottenuto una sospensiva, ma ciascun caso è diverso dall’altro. Inoltre, una Commissione Tributaria può valutare una fattispecie in modo differente da un’altra.

c)   Quali vizi dedurre.

Sicuramente, vizi propri dell’atto. Sul punto, sarà interessante verificare come potrebbero le varie Commissioni Tributarie Provinciali giudicare i casi in cui non sono indicati il responsabile del procedimento (anche alla luce della recente Ordinanza della Corte Costituzionale, n° 377/2007), o i termini per fare ricorso etc.

Altrettanto sicuramente, il fermo potrebbe essere impuganto per vizi della notifica, ma in questo caso, solitamente, le CTP affermano che, se il contribuente ha impugnato l’atto, ogni difetto della notifica è stato sanato.

Probabilmente, per vizi della notifica della cartella, se il contribuente riesce a dimostrare di non aver ricevuto, senza sua colpa, la cartella, chiedendo quindi di essere rimesso in termini.

Forse, ma con qualche dubbio, per sproporzione tra credito richiesto ed eccessività della misura adottata (es: auto fermata per poche decine di euro di debito).

Certamente, infine, per decadenza dalla potestà esecutiva. Su quest’ultimo punto, esistono almeno una Sentenza della CTP di Cosenza (anteriore, però, alla Visco – Bersani) ed una della CTP di Milano (successiva alla Visco – Bersani) – ottenuta dallo scrivente.  Con motivazioni identiche, le due commissioni, accogliendo le tesi del ricorrente, hanno infatti annullato il fermo. Sono state depositate le motivazioni di tutt’e due le Sentenze.

 PS: lo stesso discorso, o quasi, può farsi per l’ipoteca, per la quale, però, non è revisto alcun obbligo di preavviso.      

Responsabile del procedimento e validità della cartella

Sentenze richiamatePiù o meno contemporaneamente all’emissione dell’ordinanza 377/07 della Corte Costituzionale (la quale, come si ricorderà, ha affermato che è necessario indicare, nella cartella esattoriale, il nominativo del responsabile del procedimento), la Commissione Tributaria Provinciale di Milano  si è pronunciata sulle conseguenze di tale omissione.

Ha cioè risposto alla seguente domanda: che cosa succede se Esatri (ora Equitalia) omette di indicare, sulla cartella esattoriale, il nominativo del responsabile del procedimento?

 La CTP di Milano (Sentenza 510/41/2007 ) ha risposto: è necessario indicare, sulle cartelle esattoriali, il nominativo del responsabile del procedimento, ma tale omissione determina la nullità della cartella solo se tale mancanza è “collegata e funzionale al diritto alla difesa e non una sola assunzione apodittica

   In altri termini: non basta che sia omesso il nominativo del responsabile. Occorre anche che tale omissione leda il diritto alla difesa del contribuente. Se ciò accade, la cartella è nulla. Se non accade, no.

Come e quali lesioni del diritto alla difesa possano verificarsi, va valutato caso per caso. A seconda delle singole fattispecie e delle singole cartelle (che, non ci stancherà mai di ripetere, vanno sempre impugnate nei termini sennò non si può far valere nessun vizio) bisognerà verificare, carte alla mano, se e come sia stato leso il diritto alla difesa del contribuente.

 Certo,  non basterà denunciare la mancanza del nominativo (e, magari, incollare l’Ordinanza della Corte Costituzionale) per vedere annullata automaticamente qualunque cartella (con buona pace di tanti articoli trionfalistici).

Ovviamente, questa è un’opinione della CTP di Milano, ma (stante il generale principio della conservazione degli atti) si ritiene che verrà condivisa da molti.

Si allega copia giurisprudenza. 

La cartella esattoriale deve, a pena di nullità, indicare il nominativo del responsabile del procedimento

Vista la risonanza della questione, del resto pienamente giustificata dalla portata della decisione, si ritiene opportuno illustrare il contenuto della nota ordinanza n° 377 della Corte Costituzionale – anno 2007 – pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 14/11/2007.

Con tale ordinanza, la Corte Costituzionale dichiara che il concessionario della riscossione (è obbligatorio parlare al singolare, esistendo ora Equitalia S.p.A.) ha “l’obbligo di indicare nelle cartelle di pagamento il responsabile del procedimento” allo scopo di “assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa, la piena informazione del cittadino (anche ai fini di eventuali azioni contro il responsabile) e la garanzia del diritto di difesa”.

La Sentenza viene spesso propalata ai quattro venti, ne viene evidenziata la portata innovativa e, potenzialmente, “distruttiva”. Il corollario che spesso viene dedotto dalla sopra trascritta proposizione è il seguente: “le cartelle esattoriali senza indicazione del nominativo del responsabile del procedimento sono nulle”.

In realtà, quest’ultima è una semplice deduzione, possibile, ma non automatica. La Corte Costituzionale non ha affatto detto “Le cartelle esattoriali senza indicazione del nominativo del responsabile del procedimento sono nulle” per il semplice motivo che la Corte non emette Sentenze od Ordinanze di questo tipo.

Chiedendo un po’ di pazienza a chi già conosce la materia, giova rammentare (semplificando) che la Corte Costituzionale giudica sulla conformità alla Costituzione della legge e degli atti aventi forza di legge.

La norma sottoposta al vaglio della Corte è  l’art. 7 l. 212/2000 (cioè il famoso – o forse non abbastanza famoso – “Statuto del contribuente”). Tale norma prevede che i concessionari della riscossione (cioè Equitalia) devono indicare tassativamente, tra l’altro, il nome del responsabile del procedimento.

La Commissione Tributaria Regionale del Veneto ha chiesto alla Corte Costituzionale se tale obbligo è conforme alla Costituzione, perchè, secondo la Commissione Tributaria, tale obbligo sarebbe “fine a se stesso” e quello posto in essere dai concessionari della riscossione non è un vero e proprio procedimento. Quindi, secondo la Commissione Tributaria, la norma in questione sarebbe incostituzionale nella parte in cui impone ad Equitalia di indicare il nominativo del responsabile.

La Corte Costituzionale ha risposto negativamente al quesito: l’art. 7 l 212/2000 è conforme alla Costituzione anche nella parte in cui impone “tassativamente” tale obbligo al concessionario. Ha anche soggiunto (ed è il caso di sottolinearlo) che il principio non è affatto nuovo e si rinviene anche nella l. 241/1990. Esso principio deriva dall’art. 97 Cost. e ne costituisce attuazione. L’obbligo di indicare il nome del responsabile del procedimento vale, dunque, sia per l’amministrazione finanziaria sia per i concessionari della riscossione.

 E basta. La Corte Costituzionale non ha detto (non è suo compito) che cosa succede se quest’obbligo viene violato e, quindi, non ha detto nemmeno che le cartelle senza indicazione del nominativo (ecc. ecc.) sono nulle.

Questa affermazione – che (è chiaro) – ha una sua logicità e legittimità – non c’è.

Sarà compito dei giudici ordinari sentenziare che cosa accade se i concessionari non indicano il nominativo del responsabile.

Pertanto, prima di lanciarsi a testa bassa contro il concessionario della riscossione, sarà opportuno

a) ricordarsi che le cartelle esattoriali vanno impugnate nei termini davanti al giudice competente : se non si impugna o se l’impugnazione è tardiva non si potrà far valere nessun vizio

b) motivare la ragione per la quale l’omissione del nominativo (e quindi la cartella va conservata tutta, busta compresa) causa la nullità della cartella stessa.

Insomma: un principio importante (o importantissimo) che dovrà essere usato con criterio.

Avv. Roberto Rossi

PS: la Sentenza è disponibile direttamente sul sito della Corte Costituzionale senza che vi sia necessità di linl, password etc.

PS2: vale la pena di notare che già qualche Giudice di Pace (nel 2005) aveva, per così dire “precorso i tempi” affermando, anche se con qualche diversità, lo stesso principio ora sostenuto dal Giudice delle leggi.

Fermo amministrativo e preavviso di fermo

Sta diffondendosi in giurisprudenza la tesi che distinge tra fermo amministrativo (altrimenti detto “ganascia fiscale”) e preavviso di fermo.

Il primo è atto cautelare funzionale all’esecuzione forzata, impugnabile ratione temporis innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale – almeno secondo la dottrina e la giursprudenza che appaiono più condivisibili.

Il secondo è atto estraneo all’attività di riscossione  e, come tale, non impugnabile in Commissione Tributaria bensì innanzi al Giudice Ordinario (T Napoli e, più recentemente, T Bologna ord. 27/6/2007).

Si resta comunque in attesa di sapere quale orientamento prevarrà, stante

1) qualche orientamento di segno contrario che individua, ancora una volta, nella Commissione Tributaria l’organo competente a conoscere le impugnazioni  de quo stante la natura non vincolante dell’elenco degli atti impugnabili

2) qualche altro orientamento, di segno ancora diverso, che tuttora individua nel Giudice Ordinario l’organo competente a conoscere sia le impugnazioni del fermo sia quelle del preavviso di fermo

Per identità di ratio, gli stessi principi dovrebbero valere anche per l’ipoteca, che svolge la stessa funzione del fermo.

Certo, un intervento meno scoordinato da parte del legislatore sarebbe stato auspicabile, ma tant’è, e bisogna confrontarsi con l’esistente. 

Un commento (un pò) tecnico sulla questione del riparto di giurisdizioni in ordine al fermo amministrativo

La Corte Costituzionale “bacchetta” (ordinanza 297/2007) il Consiglio di Stato in ordine al fermo amministrativo. Con un provvedimento alquanto “sotto tono”, il giudice delle leggi, sembra dare, in realtà, un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’odiato strumento.

Quanto segue (lo scriverei in lettere maiuscole, se non fosse contrario alla netiquette) non è un parere, ma solo un’opinione dello scrivente, che sul punto , attende conferma dalla giurisprudenza e, soprattutto, graditi pareri da chi, tra i frequentatori del presente sito, vorrà lasciarne. Ovviamente, e necessariamente, il presente è un articolo un pò tecnico per chi voglia approfondire, tra i giuristi, la questione.

 Cominciamo da un’affermazione semplice semplice. La Cassazione afferma che il fermo amministrativo, di amministrativo, ha solo il nome. Le cosidette “ganasce fiscali” sono, in realtà, uno strumento preordinato all’esecuzione forzata: serve a bloccare il bene mobile per evitare che, nelle more dell’esecuzione, il debitore fugga.

I giudici amministrativi la vedono diversamente e, come per la nota questione degli espropri, pongono un conflitto positivo di giurisdizione. Il fermo amministrativo è (dicono) roba nostra, perchè trattasi di “provvedimento amministrativo di autotutela conservativa del patrimonio del debitore in funzione dell’interesse pubblico”.  Di qui il ricorso alla Corte Costituzionale: il legislatore, si dolgono i giudici amministrativi, sottraendo alla cognizione amministrativa una materia che le è propria, ha violato la costituzione. Non si tratta infatti, secondo i giudici amministrativi, di “atto funzionale all’espropriazione forzata” (come dice la cassazione), ma di atto amminstrativo. Dunque se ne devono occupare i TAR ed il CDS.

La Corte Costituzionale risponde, molto sommessamente, che siamo di fronte ad un uso improprio del ricorso al giudice delle leggi. Ciò che mi state chiedendo, dice la Corte, è la mia approvazione alla Vostra intepretazione sulla natura del fermo. Ma non è questa la mia funzione. Quindi vi respingo il ricorso.

Conseguenza immediata: del fermo amministrativo si occupi il giudice tributario secondo i criteri di cui all’art. 5 c.p.c. Conseguenza mediata: forse che il fermo amministrativo è davvero strumento preordinato all’esecuzione forzata?

      

Ancora sul bollo auto

Faccio riferimento all’articolo del 13/4/07 per comunicare che è disponibile la Sentenza  citata nel medesimo articolo.

In quanto precedente utile la stessa Sentenza può essere usata in un ricorso avverso un avviso di pagamento di bollo auto.   Ovviamente sono necessarie alcune precisazioni.

In primo luogo va chiarito che una Commisione Tributaria Provinciale (o anche una sezione diversa della stessa commissione) può non condividere la decisione della 25° Sezione della CTP di Mlano. Non vige, cioè, nel nostro ordinamento, l’obbligo di conformarsi alle decisioni di un precedente Giudice. Di solito accade, ma non è detto che debba accadere. Ogni causa fa storia a sè.

In secondo luogo il principio  vale per gli avvisi di accertamento uguali (o simili) a quello impugnato dal ricorrente. Avvisi redatti su moduli diversi possono giustificare decisioni differenti.

In terzo luogo va precisato che, nell’avviso impugnato ed annullato, si faceva riferimento ad una tabella B che si diceva essere allegata, ma che non c’era.

Infine, e da ultimo, va precisato che, anche se il ricorso è ineccepibile, il ricorrente deve comnque rispettare le regole procedurali per proporlo. Il ricorso deve essere proposto entro un certo termine, deve essere notificato entro quel termine e poi dev’essere depositato entro 30 giorni dalla notifica presso la segreteria della CTP insieme ai documenti richiamati.

Le modalità di proposizione del ricorso sono indicate negli artt.   19, 20 e 21 del Decreto Legislativo 546/92 .

 Il mancato rispetto di tali norme (così come anche l’errata compilazione del modello) può comportare l’inammissibilità e quindi il rigetto del ricorso.

La difesa in proprio è consentita per gli avvisi che comportano un accertamento inferiore ad € 2.582,28., così come è possibile affidarsi ad un professionista.  Per gli avvisi superiori a tale importo è obbligatoria l’assistenza tecnica.

Leggi, cliccando sul link, il modello di Bozza di Ricorso .

Bozza Ricorso 

Ancora sulla deducibilità delle spese sanitarie

(Fonte: ANSA) – ROMA, 13 GIU – Una multa di 2 euro a ricetta nel caso di mancata o errata trasmissione alla Ragioneria dello Stato da parte degli operatori. La sanzione che riguarda farmacie, ambulatori e laboratori e’ valida per ora solo per Abruzzo e Umbria e sara’ estesa a tutte le regioni italiane dove,in forza della Finanziaria 2006,e’ stato avviato il progetto della Tessera Sanitaria. L’obiettivo e’ di monitorare la spesa sanitaria controllando le ricette e l’appropriatezza delle prescrizioni.

Come si vede, il legislatore sta preoccupandosi di dare effettività alle norme di cui alla precedente New. Quando si acquista un farmaco, appare quindi opportuno premunirsi, a decorrere dal 1° luglio, di adeguato documento fiscale.

Deducibilità spese per l’acquisto di farmaci: novità introdotte dalla finanziaria 2006

La finanziaria contiene delle novità relative alla deducibilità delle spese mediche.

Questo il testo della legge (l 296/2006): Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 10, comma 1, lettera b), dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Ai fini della deduzione la spesa sanitaria relativa all’acquisto di medicinali deve essere certificata da fattura o da scontrino fiscale contenente la specificazione della natura, qualità e quantità dei beni e l’indicazione del codice fiscale del destinatario»;
b) all’articolo 15, comma 1, lettera c), dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «Ai fini della detrazione la spesa sanitaria relativa all’acquisto di medicinali deve essere certificata da fattura o da scontrino fiscale contenente la specificazione della natura, qualità e quantità dei beni e l’indicazione del codice fiscale del destinatario
». Le disposizioni introdotte dalle lettere a) e b) del comma 28 hanno effetto a decorrere dal 1° luglio 2007. Fino al 31 dicembre 2007, nel caso in cui l’acquirente non sia il destinatario del farmaco, non ne conosca il codice fiscale o non abbia con sé la tessera sanitaria, l’indicazione del codice fiscale può essere riportata a mano sullo scontrino fiscale direttamente dal destinatario, fatte salve le disposizioni di cui all’articolo 50 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni, in materia di obbligo di rilevazione del codice fiscale da parte del farmacista.

Che cosa vuol dire?

Continua a leggere

Bolli auto Regione Lombardia

La Commissione Tributaria Provinciale di Milano (sent. 41/25/07) ha affermato che gli avvisi di accertamento per i bolli auto dovuti alla Regione Lombardia sono “privi di valida e specifica motivazione” e, poichè non chiariscono se la contestazione (e la relativa sanzione) si riferisce al tardivo e/o all’omesso versamento, devono essere annullati.

Resta ovviamente fermo l’obbligo di impugnarli nei termini di legge avanti alla Commissione Tributaria Provinciale, altrimenti si decade dalla possibilità di far valere la predetta censura.

Vale la pena di segnalare che, nel caso specifico, la CommissioneTributaria Provinciale di Milano ha condannato la Regione al pagamento delle spese di giudizio. 

Esecuzione esattoriale dopo anni

Capita sovente che arrivino al contribuente atti esecutivi da parte dell’esattoria (o anche atti cautelari, come iscrizioni d’ipoteche o avvisi di fermo) relativi a cartelle mai arrivate e/o arrivate anni ed anni addietro (e magari smarrite).
Occorre ricordare, a tale proposito che
1) negli atti esecutivi o cautelari deve essere sempre indicata la data di notifica della cartella (per conoscerla si può chedere al concessionario per la riscossione un estratto del ruolo)
2) il contribuente ha diritto di avere una copia della cartella con relativa relazione di notifica (spesso basta recarsi nella casa comunale, soprattutto se le cartelle risultano notificate per irreperibilità)
3) se l’espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l’espropriazione stessa deve essere preceduta dalla notifica di un avviso che contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni