Tutti ormai scriviamo tramite mail. Tutti, anzi, ci scambiamo corrispondenza tramite posta elettronica… ma qual è il valore legale della posta elettronica?
La questione non è nuovissima, ma recenti sono gl’inviti, da parte del Governo, di dotarsi di una casella di posta elettronica certificata o PEC.
Allora, e senza pretesa di essere troppo approfonditi, è magari opportuno fare un breve “ripassino” della questione.
La posta elettronica semplice è quella che tutti conosciamo: Tizio invia a Caio una mail senza ulteriori specificazioni.
Qual è il valore legale di quella mail, cioè (in altre parole) una volta che si dovesse andare in Tribunale (o dal Giudice di Pace) che valore ha quella mail?
Prima di rispondere è bene precisare che l’intera materia si evolve con grande velocità.
Anzi, verrebbe da dire che si evolve alla velocità della luce.
Ne consegue che quanto si scrive oggi domani non potrebbe valere più.
Detto questo, vediamo di rispondere.
La posta elettronica ordinaria ha lo stesso valore della posta tradizionale ordinaria, ma attenzione: questo non significa che non valga niente.
In materia contrattuale, per esempio, le mail fanno piena prova se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose riportate (Tribunale di Roma 11/1/10, Tribunale di Cassino 24/2/09, Tribunale di Verona 26/11/2005, Tribunale di Ancona 9/4/2005).
La posta elettronica certificata, o PEC, invece, equivale ad una raccomandata “tradizionale”, cartacea. Si ha la certezza che sia spedita dal mittente e che sia ricevuta dal destinatario ma (attenzione al ”ma”!) purché sia il mittente sia il destinatario siano dotati di PEC.
Detto in altre parole: una mail spedita tramite PEC ad un indirizzo di posta elettronica PEC equivale ad una raccomandata. Invece, una mail spedita tramite PEC ad un indirizzo di posta elettronica ordinario equivale ad una lettera ordinaria. Per fare un esempio è come se si spedisse una raccomandata ma, anziché farla firmare per ricevuta, la si infilasse, così com’è, nella casella della posta.
Forse ricorderete che, un po’ di tempo fa, il Governo regalò una PEC – cioè una casella di posta elettronica certificata – a tutti. Bastava andare in posta e compilare il modulo.
In realtà la PEC offerta dal Governo non serve a corrispondere con chiunque, ma solo con la pubblica amministrazione. Tecnicamente, non è proprio una PEC, ma una CEC PAC.
Verrebbe da dire: a caval donato…Forse però il proverbio giusto è un altro. Come disse Lacoonte quando vide il cavallo sulla spiaggia di Troia e seppe che i Troiani, considerandolo un regalo, lo volevano portare in città “Timeo Danaos et dona ferentes” [temo i Greci anche quando portano doni]. Sappiamo tutti che fine ha fatto la città di Troia…
Perché tanta diffidenza?
Perché nella finanziaria in discussione c’è questa norma: La notifica della cartella può essere eseguita, con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo risultante dagli elenchi a tal fine previsti dalla legge. Tali elenchi sono consultabili, anche in via telematica, dagli agenti della riscossione. Una delle prime mail certificate che il cittadino si potrebbe veder recapitare potrebbe quindi essere una cartella esattoriale. Ad Equitalia basta andare a vedere gli elenchi di PEC presso le poste.
Alcuni commentatori hanno visto una limitazione della capacità di concorrenza perché uno, per avere una PEC, si dovrebbe affidare solo alle poste e non si potrebbe affidare ad altri.
Io ci vedo un altro rischio.
Pensiamo alla raccomandata tradizionale. Uno riceve una raccomandata, non c’è, vede nella casella della posta l’avviso di deposito e, se è diligente, la va a ritirare (se non lo è, peggio per lui).
Con la posta elettronica certificata, se il computer non funziona, se non si può aprire la posta ecc., questa possibilità non c’è. Il computer del destinatario ha ricevuto la mail? La mail è recapitata. Punto e basta. Non è prevista una seconda chanche.
Più tecnicamente, mi permetto di dubitare della legittimità costituzionale di una norma che non prevede, per il destinatario, lo stesso sistema di garanzie previste dall’art. 140 c.p.c. o dalla legge sulle notifiche a mezzo posta.