Il canone RAI e l’acqua pura

 Come probabilmente è già noto a chi frequenta queste pagine, la Corte Costituzionale, con una recente Sentenza, ha affermato che se l’acqua non è depurata non si deve pagare la depurazione.

La Sentenza è già stata commentata, quindi non ci ritornerò sopra più di tanto. Basti dire che il giudice delle leggi ha sostenuto che il contratto di somministrazione è un “banale” contratto di diritto privato. La depurazione è un servizio, non un canone od una tassa. La conseguenza è che se c’è il servizio di depurazione, si paga. Se non c’è, non si deve pagare.

E adesso parliamo del canone rai.

Il balzello è previsto dal RD 246/1938, quando la televisione la conoscevano forse Marconi e pochi altri.

Gli anni sono passati. Dalla EIAR si è passati alla RAI, dalla Rai alle TV commerciali (e a Sky ed alle altre TV a pagamento); sono nati la televisione, i computer, i videofonini, i videocitofoni, ma il canone RAI è rimasto.

Perchè, secondo la Cassazione, il canone RAI “originariamente configurato come un corrispettivo dovuto dagli utenti di un servizio riservato allo stato ed esercitato in regime di concessione, ha da tempo assunto natura di entrata tributaria”. (Cass. SSUU 20068/2006)

Esso “non trova la sua ragione nell’esistenza di uno specifico rapporto contrattuale che leghi il contribuente e la RAI” (Cass. Sezioni Unite 20 novembre 2007 n°24010)

Insomma: è una tassa.

Il presupposto dell’imposizione tributaria è il possesso di un apparecchio in grado di ricevere o trasmettere immagini. Qualunque apparecchio: TV, videofonino, videocitofono, computer. Etc.

Se si possiede un apparecchio di questo tipo, si deve pagare il canone.

Così è la legge. È una legge giusta?

La Corte Costituzionale (Sentenza 284/2002) ha spiegato come “la legittimità dell’imposizione debba misurarsi non più in relazione alla possibilità effettiva per il singolo utente di usufruire del servizio pubblico radiotelevisivo al cui finanziamento il canone è destinato  (in parole povere: non c’entra nulla il fatto che uno guardi o no la Rai) ma sul presupposto della sua riconducibilità ad una manifestazione ragionevolmente individuata di capacità contributiva (in parole povere: se uno possiede un apparecchio in grado di ricevere e trasmettere immagini, è abbastanza ricco da poter pagare il canone) …l’interesse generale che sorregge l’erogazione del servizio pubblico può richiedere una forma di finanziamento fondata sul ricorso allo strumento  fiscale. Il canone televisivo costituisce in sostanza un’imposta di scopo destinato come esso è quasi per intero alla concessione del servizio pubblico radiotelevisivo (in parole povere il servizio TV è un servizio pubblico finanziato con tasse, anzi, in modo esclusivo o prevalente col canone)… il collegamento dell’obbligo di pagare il canone alla semplice detenzione dell’apparecchio indipendentemente dalla volontà e dalla possibilità di fruire dei programmi discende dalla natura di imposta impressa al canone che esclude ogni nesso di corrispettività in concreto tra obbligo tributario e fruizione effettiva del servizio pubblico. Presupposto dell’imposizione è la detenzione di apparecchi“. In parole povere: la RAI è un servizio pubblico ed è giusto che la si finanzi con una tassa, anche se poi, in concreto, uno non la guarda.     

L’affermazione non sarebbe tanto strana se la depurazione dell’acqua non fosse un servizio di diritto privato, come si è visto

Quindi, secondo la Corte Costituzionale, la RAI è un servizio pubblico così importante che è giusto che tutti paghino una tassa per mantenerlo. La depurazione dell’acqua… è meno importante e non richiede una tassa a carico della collettività.

Come dire che il fatto che tutti possano vedere “Affari tuoi” è più importante del fatto che tutti bevano acqua pura.

Un pensiero su “Il canone RAI e l’acqua pura

  1. Nelle lettere spedite dalla Rai, delle quali sono un destinatario abituale negli ultimi tempi, non si fa mai riferimento al fatto che si tratti di una tassa ma si tira sempre in ballo della “possibilità” di fruire dei segnali televisivi.
    Forzando il concetto se un computer è “adattabile” alla ricezione dei segnali televisivi allo stesso modo lo è la presa dell’antenna sul muro: i costi per un sintonizzatore PCMCIA o USB sono paragonabili a quelli di un televisorino di primo prezzo.
    Direi più sensato , a questo punto, inserirla come millesimo di euro al Kw su consumi “vitali” come l’elettricità : così almeno la pagheremmo sicuramente un po’ tutti e non solo i “meno furbi” e/o i lavoratori dipendenti.
    Altro aspetto positivo sarebbe l’eliminazione dell’inutile apparato di controllo e riscossione : nel mio caso personale con circa una dozzina di lettere e altrettanti tentativi di visita (sono spesso assente per lavoro) la RAI avrà speso ben di più di quanto pagherò di canone nei prossimi anni.

    Grazie, una buona serata.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

* Copy This Password *

* Type Or Paste Password Here *