Come sanno ormai anche i “non addetti ai lavori” le SSUU con una Sentenza recente e notissima (la 26972/2008) hanno statuito – se vogliamo proprio ridurre ad un slogan 59 pagine di Sentenza – che il Danno Esistenziale non esiste.
Il danno, secondo le SSUU è patrimoniale o non patrimoniale ed il c.d. danno biologico è una voce dell’ultimo.
Più precisamente, e trascrivendo quanto le SSUU affermano a pag. 47 (punti 4.8 e 4.9) “il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, nel senso che deve ristorare interamente il pregiudizio, ma non oltre… il danno non patrimoniale … identificatosi con il danno determinato dalla lesione di interessi inerenti alla persona non connotati da rilevanza economica, costituisce categoria unitaria non suscettiva di divisione in sottocategorie. Il riferimento a determinati tipi di pregiudizio, in vario modo denominati (danno morale- di cui parlerò oltre – dano biologico, danno da perdita del rapporto parentale etc) risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno. È compito del giudice accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative si siano verificate sul valore uomo e provvedendo alla loro integrale riparazione. Viene dunque in primo luogo in considerazione, nell’ipotesi in cui l’illecito configuri reato, la sofferenza morale. Definitivamente accantonata la figura del c.d. danno morale soggettivo, la sofferenza morale, senza ulteriori connotazioni in termini di durata, integra pregiudizio non patrimoniale. Deve tuttavia trattarsi di sofferenza soggettiva in sé considerata, non come componente di un più complesso pregiudizio non patrimoniale. Ricorre il primo caso ove sia allegato il turbamento dell’animo … senza determinare degenerazioni patologiche della sofferenza. Ove siano dedotte siffatte conseguenze, si rientra nell’area del danno biologico …”.
Vale la pena di ricordare che è – anche per il legislatore – “lesione temporanea o permanente dell’integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico legale che esplica un’incidenza sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico – relazionali del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di reddito“.
Vediamo ora di tirare le fila.
Il danno morale è una sofferenza soggettiva in sé considerata che non determina degenerazioni patologiche. Esso può essere risarcito solo se c’è un reato (che il giudice civile può accertare anche per conto suo, a prescindere da valutazioni del giudice penale).
Vorrei muovere un passo oltre questa definizione che deriva da un’analisi pressoché letterale dei principi enunciati dalle Sezioni Unite.
È ovviamente opinione mia.
In pratica, il criterio sembra essere il seguente: se c’è una patologia psicofisica (e il pensiero corre subito alla “depressione”) siamo all’interno del danno biologico. Se c’è una sofferenza soggettiva che non sfocia in patologia psicofisica (e purché ci sia reato) c’è danno morale.
Tale definizione nasconde però – a mio parere – una debolezza.
Il codice civile, dal quale comunque il giurista deve partire, si fonda su una distinzione corpo / mente piuttosto datata. Il legislatore del 1942 sembra dirci (almeno a mio giudizio): il corpo è una cosa, la mente un’altra.
Le malattie psicosomatiche erano al di là da venire.
Ora come ora il legislatore e la Cassazione ci parlano di integrità psicofisica da risarcire e, ad essa, aggiungono (in realtà, lasciano che sopravviva) un ulteriore risarcimento da lesione morale soggettiva.
In concreto, quindi, sembra tutt’altro che improbabile una Sentenza siffatta: Tizio ha subito una lesione psicofisica a causa di un evento che è anche un reato. Quindi è caduto in depressione. Quindi deve essere risarcito. Però deve essere risarcita anche la sofferenza morale soggettiva – che però bisogna allegare e provare – che va oltre e che non è coperta dal risarcimento del danno biologico.
Tale sofferenza morale, peraltro (come mi piace argomentare sempre da Cass. 26972/08 punto 3.9) non è data da “pregiudizio consistente in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed ogni altro tipo di insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita quotidiana …”
Insomma: si sa bene che cosa il danno morale non è (non è patologia psicofisica, né “insoddisfazione”). Si sa molto meno bene che cos’è: che cosa vorrà mai dire “sofferenza morale soggettiva da reato”? e, soprattutto, come si prova? Sarà ammissibile il ricorso a presunzioni?
Fermiamoci qui, per ora.
Sempre come tutti sanno il danno morale, se liquidato, nella prassi, è sempre stato ancorato in misura percentuale rispetto al danno biologico (un quarto, un terzo, etc.).
Andiamo ad esaminare la ancor più recente Sentenza 29191/08 (depositata il 12/12/08) della III Sezione civile della Cassazione.
In fatto, va premesso che il caso si riferisce ad una ipotesi in cui il danneggiato aveva subito lesioni gravissime, pari al 62%!
Qui leggiamo “nel caso di lesioni gravissime… il danno biologico deve essere personalizzato calcolando anche la componente della capacità lavorativa (che, se vogliamo essere coerenti, dovrà essere qualcosa di non patrimoniale?!) … e del danno psichico (ma il danno biologico non risarcisce la lesione dell’integrità psicofisica?) sicché ai valori tabellari della stima statica della gravità del danno… devono aggiungersi in aumento…” e poi “…. trattandosi di lesioni gravissime con esiti dolorosi anche dal punto di vista psichico, la autonoma ontologia del danno morale deve essere considerata in relazione alla diversità del bene protetto, che attiene alla sfera della dignità morale della persona… nella valutazione del danno morale contestuale alla lesione del diritto alla salute, la valutazione di tale voce, dotata di logica autonomia in relazione alla diversità del bene protetto, che pure attiene ad un diritto inviolabile della persona (la sua integrità morale… ) deve tenere conto delle condizioni soggettive della persona umana e della gravità del fatto, senza che possa considerarsi il valore dell’integrità morale una quota minore del danno alla salute” .
Sembra quasi che la Cassazione stia cercando una “valvola di sfogo”, quasi pentita del rigore con cui ha rintuzzato la categoria del danno biologico e annichilito il danno esistenziale.
Detto in altre parole, sembra quasi che stia cercando di spostare nell’ambito del danno morale, invitando il Giudice di merito a discostarsi dalle tabelle in uso, voci che sembrano stare strette nella categoria dell’integrità psicofisica.
E sembra quasi (ma credo che sia più che un’impressione!) che inviti l’interprete a non sottovalutare la componente psichica del danno biologico.
Questi i principi di diritto cui dovranno (?) attenersi i giudici del merito.
Staremo a vedere come.
quindi i giudici, nel merito potranno anche non tener conto delle tabelle che liquidqno il danno biologico in percentuale, delle lesioni, o sbaglio.
Sì. In verità, tale possibilità era già prevista dalla legge, ma, per ora, ha avuto un’applicazione piuttosto ridotta.
La Sentenza in commento si segnala anche e soprattutto per quanto essa afferma in punto di danno morale.
Ad ogni buon conto,La Cassazione appare avallare tale scostamento nei soli casi di danni molto gravi.
Quello a cui si riferisce il caso in esame era un danno del 62%.
Questo danno può essere valutato, quindi, solo da uno psicologo; infatti il medico legale si occuperà solo dei danni al corpo e lo psicologo è l’unica, a mio avviso, che può quantificare il danno mentale.
Inoltre penso che non è vero che va considerato nei danni “grossi” ma anche su quelli di tutti i giorni…
Questo danno può essere valutato, quindi, solo da uno psicologo; infatti il medico legale si occuperà solo dei danni al corpo e lo psicologo è l’unica, a mio avviso, che può quantificare il danno mentale.
Inoltre penso che non è vero che va considerato nei danni “grossi” ma anche su quelli di tutti i giorni…
evviva il danno morale