In attesa delle transazioni il Tribunale di Milano si ripete: oltre 1.250.000 euro a cinque danneggiati thalassemici, ma scomputo per tutti…

Con sentenza n.7296 depositata in cancelleria il 15 giugno u.s. il Tribunale di Milano, Sezione Decima, Dr.ssa Simonetti, decidendo in un caso seguito dal nostro studio, ha nuovamente condannato il Ministero della Salute, questa volta in solido con un ospedale lombardo, a risarcire i danneggiati – cinque ragazzi thalassemici, uno dei quali nel frattempo purtroppo deceduto – con la complessiva somma di oltre 1.250.000 euro (da 86.000 euro per il caso giudicato meno grave ad oltre 600.000 per i parenti del soggetto deceduto).
La decisione, di cui a breve pubblicheremo il testo per esteso,si segnala, in positivo, per affrontare il tema dell’estensione dell’efficacia interruttiva della prescrizione delle richieste di risarcimento dei danni inoltrate al Ministero anche nei confronti degli Ospedali e viceversa, in quanto Ministero e struttura ospedaliera sono coobbligati in solido al risarcimento, mentre sembra discutibile l’applicazione acritica del principio dello scomputo, dalle somme riconosciute come dovute a titolo di risarcimento, degli importi percepiti a titolo di indennizzo.
Premesso infatti che non è chiaro in che modo debba operare il criterio, non si comprende perchè dal risarcimento del danno non patrimoniale andrebbe decurtato l’importo di una prestazione che èuna chiara misura di sostegno economico, dunque patrimoniale, e perchè dello scomputo possa beneficiare, sotto forma di minore esborso, anche chi come l’Ospedale (o come lo stesso Ministero, nel caso in cui l’indennizzo sia corrisposto dall’Asl) non provveda alla corresponsione dell’indennizzo ex lege 210/1992.
Compatibilmente con il febbrile lavoro che ci attende nei prossimi mesi (prima o poi il decreto sulle transazioni sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale), cercheremo di approfondire più avanti anche questi temi.
Buona serata

Avv. Simone LAZZARINI

Class action: il Ministero appella in Consiglio di Stato, ma poi chiede un rinvio: nei prossimi giorni, finalmente, sarà pubblicato in G.U. il decreto-moduli

Si è svolta questa mattina in Consiglio di Stato l’udienza in camera di consiglio sul ricorso in appello (con domanda di sospensione dell’esecuzione) proposto dal Ministero della Salute e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze avverso la sentenza (favorevole ai danneggiati) che il TAR Lazio aveva emesso lo scorso 17 febbraio sulla c.d. “class action amministrativa” promossa da alcune associazioni, appello che era stato notificato il 2 maggio e che era stato depositato il 30 maggio.
La collega che rappresentava l’Avvocatura dello Stato si è presentata depositando una comunicazione del Ministero della Salute con cui veniva rappresentato che il decreto era stato registrato alla Corte dei Conti ed era davvero imminente (questione di pochi giorni) la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Ha chiesto pertanto il rinvio dell’udienza.
Mi sono fermamente opposto (ottenendo non senza fatica che tale mia opposizione fosse messa a verbale), rappresentando anche alcuni profili di inammissibilità del proposto ricorso e, subordinatamente, ho insistito affinché controparte rinunziasse a questo punto alla domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, considerato che il richiedere il rinvio di una domanda cautelare da loro stessi richiesta era una contraddizione in termini.
Tuttavia il Presidente del Collegio, nonostante le mie rimostranze, rilevato che il potere di disporre sulla domanda cautelare spettasse all’appellante ministero, ha ritenuto di accogliere la richiesta di rinvio dell’Avvocatura dello Stato fissando nuova udienza al 27 luglio p.v..
Per quella data è verosimile che il decreto sarà già stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, con prevedibili febbrili attività per la sua interpretazione e/o impugnazione da parte di avvocati, associazioni e danneggiati.
Indipendentemente dal contenuto di tale attesissimo decreto, ancora non noto nei dettagli, e dalle eventuali iniziative per contestarlo in tutto o in parte, sarà comunque bene prestare particolare attenzione anche al cammino che seguirà il disegno di legge n. 3234, d’iniziativa dei senatori CURSI e TOMASSINI, recante “Disposizioni in materia di indennizzo straordinario in favore dei soggetti danneggiati da complicanze irreversibili a causa di trasfusioni di sangue, somministrazione di emoderivati e vaccinazioni obbligatorie“, disegno di legge che potrebbe, se l’iter per la sua approvazione si concludesse in tempi ragionevoli, rappresentare un’eventuale ancora di salvezza per tutti coloro i quali fossero eventualmente esclusi dalla transazione e non riuscissero ad ottenere altrimenti giustizia.
Ma ritengo comunque opportuno attendere comunque la pubblicazione del decreto prima di trarre frettolose conclusioni.
Il precedente del 5 maggio 2011 ci insegna a rimanere con i piedi ben saldi per terra…
A presto

Avv. Simone Lazzarini

Disegno di legge n.3234-2012

Trasfusioni infette: il Tribunale di Milano condanna il Ministero della Salute a risarcire un’occasionale con oltre € 250.000=

Con sentenza n.6472 del 29 maggio, 2012 il Tribunale di Milano, Sezione Decima Civile (Dr.ssa SIMONETTI) in un caso seguito dal nostro studio, è nuovamente tornato a condannare il Ministero della Salute in relazione ad un altro caso di trasfusioni di sangue infetto.
Questa volta si tratta di trasfusioni subite occasionalmente da una paziente che, nel 1983, era stata sottoposta ad alcuni interventi chirurgici e che la consulenza tecnica espletata in corso di causa ha accertato aver subito un danno biologico pari al quaranta per cento.
Particolarmente significative le motivazioni addotte dal Tribunale di Milano per evidenziare la responsabilità del Ministero:
Oltre alle regole di normale prudenza, appare violato pure l‟art. 1 della legge istitutiva del Ministero della Sanità (L. 13.3.58 n. 296). Questa norma attribuisce al ridetto dicastero il compito di provvedere alla tutela della Salute Pubblica, di sovrintendere e coordinare i servizi sanitari svolti dalle amministrazioni autonome dello Stato e degli enti pubblici, e di emanare istruzioni obbligatorie per tutte le amministrazioni pubbliche che provvedono a servizi sanitari.
Il dovere del Ministero di vigilare sulla preparazione e sulla utilizzazione del sangue (e degli emoderivati) comporta certamente l‟ineludibile obbligo di diligentemente adottare tutte le misure possibili, secondo la migliore scienza medica, al fine di verificare la sicurezza del sangue trasfuso, e di adoperarsi per evitare o ridurre il rischio di contagio, antico quanto la necessità di praticare trasfusioni a scopo terapeutico.
Da parte dell‟allora Ministero della Sanità mancò, invece, oltre a un‟azione coordinata di promozione e implementazione delle concrete possibilità di contenimento trasfusionale (come per es. il predeposito di sangue finalizzato all‟autotrasfusione, l‟emorecupero intraoperatorio, l‟emodiluizione) o di “buon uso del sangue”, l‟adozione di metodi di selezione dei donatori in base al parametro costituito dai valori delle transaminasi (ALT), ovvero in base a criteri anamnestici più rigorosi di quelli contenuti nel regolamento di esecuzione della L. 592/67 (il d.P.R. 1256/71, che si limitava a escludere stabilmente dalla donazione chi avesse contratto epatite virale e, temporaneamente, chi nei sei mesi precedenti avesse subito trasfusioni di sangue o emoderivati o avesse avuto contatti con soggetti affetti da epatite virale). Inoltre vi fu grave ritardo nella formulazione del “piano sangue” (delineato già nella legge 592/67, ma attuato soltanto nel 1994), volto a garantire l‟autosufficienza nazionale, nonché nella adozione di metodiche di inattivazione virale che l‟esperienza scientifica aveva dimostrato efficaci e sicure già dal 1948 (S.S. Gellis et al., Chemical and immunological studies on the products of human plasma fractionation-inactivation of the virus of homologous serum hepatitis in solution of normal human serum albumin by means of it, in J Clin Invest, 1948), quali il riscaldamento a 60° per 10 ore o pastorizzazione di sieri e albumine, o altre modalità di termotrattamento. Infine sono mancati a lungo controlli effettivi sui canali di approvvigionamento (al fine di escludere, per es., l‟impiego di materiale ematico proveniente da donatori mercenari, la cui pericolosità era da tempo nota e che vennero cancellati solo con la L. 107/90, o proveniente da aree del mondo in cui non è garantita la rigorosità dei controlli o la qualità del prodotto), sulla distribuzione, sulle modalità e sulle cautele seguite nella preparazione.

Tali misure, secondo questo giudice, sarebbero state possibili anche prima dell‟epoca in cui furono praticate le trasfusioni causative del danno per cui è processo. Dunque, come già detto, esse erano doverose per il Ministero.
La loro omissione e la mancata vigilanza sulla adozione delle precauzioni possibili da parte delle strutture sanitarie sono state, con altissima probabilità (non può dirsi con assoluta certezza, per l‟indisponibilità – dovuta al tempo trascorso – di elementi di conoscenza in ordine alla “storia” delle singole sacche di sangue effettivamente trasfuse), concause efficienti del danno cagionato all‟attrice dal sangue infetto
“.
In pratica, secondo il Tribunale di Milano il Ministero non può pensare di “cavarsela” – andando esente da ogni responsabilità – affermando di aver raccomandato sin dal 1967 il controllo sulle transaminasi dei donatori…
Altro aspetto degno di nota della sentenza è quello inerente alla “personalizzazione” del risarcimento:
Deve tuttavia tenersi conto, ai fini della giusta commisurazione del risarcimento alla specifica fattispecie e alla effettiva entità del danno, della gravità della sofferenza psichica, come allegato in atti, ingenerata nella danneggiata dalla acquisizione della consapevolezza di aver contratto epatopatia cronica e della possibilità che questa, come è notorio, possa evolvere in cirrosi e anche in neoplasia epatica. Tale sofferenza, con evidenti ripercussioni sulla sfera sessuale e sulle relazioni interpersonali anche intrafamiliari può considerarsi come fatto notorio dalle particolarità della patologia contratta“.
Confidiamo che quest’ulteriore pronunzia possa finalmente contribuire a chiudere in tempi brevi – e non solo “sulla carta” – la nota vicenda dei risarcimenti ai danneggiati.

Avv. Simone LAZZARINI

Class action: il TAR Lazio ordina al Ministero di chiudere la procedura transattiva per il risarcimento dei danni da sangue infetto entro 90 giorni (17 maggio)

Era ora, finalmente, dopo la discussione del 5 dicembre 2011 è arrivata la decisione che attendevamo.
Con sentenza n.1682 del 17 febbraio 2012 il TAR Lazio, in riferimento all’azione promossa da varie associazioni e gruppi di danneggiati per sollecitare il Ministero a dare seguito alla procedura per la definizione transattiva delle cause aventi ad oggetto il risarcimento del danno biologico da somministrazione di sangue ed emoderivati infetti, ha così stabilito: “….deve concludersi per la sussistenza di un obbligo dell’Amministrazione resistente di concludere il procedimento con un provvedimento espresso, in applicazione della previsione dell’art. 2, 10 comma della 1. 7 agosto 1990, n. 241 e del generale principio di certezza dei rapporti giuridici e di tutela dell’affidamento del privato.
Essendo ormai ampiamente decorso il termine per la conclusione del procedimento stesso (da individuarsi, in mancanza di specifica indicazione, nel termine sussidiario cli novanta giorni previsto dall’art. 2, 30 comma della 1. 7 agosto 1990 n. 241), deve quindi trovare accoglimento la pretesa dei ricorrenti ad un provvedimento espresso e motivato (art. 2, 1° comma 1. 7 agosto 1990 n. 241) che concluda il procedimento instaurato a seguito delle domande già a suo tempo presentate.
Peraltro, siffatto obbligo non può venir meno in ragione della mancata emanazione del decreto di natura non regolamentare del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali cli concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze previsto dall’art. 5 del d.m. 28 aprile 2009 n. 132, trattandosi di un adempimento che doveva già essere effettuato dalla stessa Amministrazione resistente.
Deve quindi essere annullato l’atto impugnato ed affermato l’obbligo per il Ministero della salute di pronunciarsi con provvedimento espresso sulle domande di adesione alla transazione presentate dai ricorrenti, anche previa emanazione del decreto di natura non regolamentare sopra citato, entro 90 (novanta) giorni dalla notifica o, se anteriore, dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza
“.
Siamo consapevoli che l’obiettivo raggiunto, che verosimilmente non verrà rispettato nei tempi dal Ministero della Salute, non esaurirà il percorso necessario al raggiungimento di un risultato positivo e soddisfacente per tutti, ma almeno cominciano ad esserci dei punti fermi e degli obblighi cui l’Amministrazione non può pensare di sottrarsi ad libitum, impregiudicata, non mi stancherò di ripeterlo, una soluzione legislativa alla questione degli emotrasfusi, la quale tuttavia presupporrebbe ben altra concretezza da parte dei nostri politicanti.
Buona serata

Avv. Simone LAZZARINI

Maxi-risarcimento a una famiglia di una giovane thalassemica deceduta a causa dell’HCV: il Tribunale di Milano condanna il Ministero della Salute a pagare oltre 1.350.000 euro agli eredi

Con sentenza n. 139/2012 emessa il 10 gennaio u.s. dal Tribunale di Milano, Sezione decima civile, Dr.ssa Giovanna Gentile, in un caso seguito dal nostro studio, il Ministero della Salute è stato condannato a risarcire il complessivo importo di oltre un milione e trecentocinquantamila euro ai genitori ed al fratello di una giovane thalassemica deceduta a causa dell’HCV.
Naturalmente non si tratta nè della prima nè dell’ultima sentenza che un tribunale italiano emette in casi simili.
Siamo a conoscenza di casi in cui le liquidazioni concesse sono state ancora superiori.
Tuttavia due dati ci sembrano meritevoli di essere segnalati nel caso da noi seguito.
Sotto un primo profilo va osservato che, se il Ministero della Salute avesse perfezionato a tempo debito la procedura transattiva cui anche gli eredi della sfortunata giovane avevano aderito (rinviando più volte l’udienza conclusiva), avrebbe risparmiato – e quindi fatto risparmiare anche ai contribuenti che in fin dei conti siamo sempre noi – oltre settecentomila euro.
è vero che la sentenza è soltanto di primo grado, tuttavia non è affatto da escludere che l’esito di un eventuale appello possa addirittura peggiorare l’entità della condanna al risarcimento dovuto dal Ministero della Salute, considerato che nell’importo liquidato non si è tenuto conto nè del danno non patrimoniale subito dalla giovane quand’era in vita (e reclamato dagli attori iure hereditario), nè del danno patrimoniale (danno emergente e lucro cessante) subito dagli eredi durante la malattia ed in conseguenza del decesso della congiunta.
Non sembra pertanto fuori luogo ipotizzare, considerate anche le parallele iniziative della class action amministrativa e del ricorso alla CEDU, la configurabilità di un significativo danno all’erario conseguente ai ritardi nella chiusura dell’iter transattivo.
Sotto un secondo profilo va sottolineato che, nel caso che occupa, il Tribunale – alla luce della particolarità del caso – ha motivatamente ritenuto di discostarsi dalle tabelle in uso presso il tribunale di milano per il risarcimento del c.d. danno da perdita del rapporto parentale, liquidando nel caso del fratello della deceduta un importo addirittura quasi triplo rispetto ai massimi tabellari e comunque significativamente superiore ai massimi anche per quanto riguarda i genitori.
Ecco il passaggio più significativo della sentenza:
Nel caso di specie spetta ai congiunti, non essendo revocabile in dubbio il nesso causale tra la grave patologia della vittima e suo decesso il danno non patrimoniale inteso non solo come sofferenza patita per la morte ma anche come lesione del diritto costituzionalmente garantito all’integrità della famiglia …. …..considerate anche la lunga durata della malattia, le sofferenze dei suoi parenti, l’alternarsi di speranze e di terribili delusioni ed infine la morte in giovane età si stima equo liquidare, nello specifico caso, a ciascuno dei congiunti nella rispettiva qualità di genitori e fratelli la somma di euro 380.000,00 per ciascuno dei genitori e la somma di euro 360.000 per il fratello…..“.
E ancora:
condanna il Ministero della Salute a corrispondere agli attori la somma di euro 382.500,00 per ciascuno dei genitori e di euro 360.000 per il fratello …. .; dette somme devono essere maggiorate degli interessi compensativi del 2% dalla data dell’evento di morte alla data della sentenza oltre interessi legali dalla sentenza al saldo“.
Per concludere un’ultima riflessione: in generale è tutt’altro che agevole ottenere l’esecuzione di una sentenza di condanna nei confronti di una pubblica amministrazione, anche per importi ben più modesti come quelli ad esempio dovuti a titolo di differenze per rivalutazione della somma corrispondente all’indennità integrativa speciale (la parte economicamente più sostanziosa dell’indennizzo ex lege 210/1992).
Tuttavia, considerato che anche le sentenze di primo grado sono provvisoriamente esecutive, sembra sin d’ora doveroso ricordare, anche in questo caso, quanto affermato dalla CEDU in una nota decisione (CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO, GRANDE CAMERA, Strasburgo, sentenza 29 marzo 2006), naturalmente pronunziata contro lo Stato italiano:
La Corte può ammettere che un’amministrazione possa aver bisogno di un lasso di tempo prima di procedere a un pagamento; …..comunque tale lasso di tempo non dovrebbe in genere superare sei mesi a partire dal momento in cui la statuizione ……. diviene esecutiva…….Come la Corte ha già abbondantemente ripetuto, un’autorità dello Stato non potrebbe addurre a pretesto la mancanza di risorse per onorare un debito fondato un una decisione di giustizia“.
Che tali principi siano di monito a chi, anzichè fare applicazione dei principii di buona amministrazione, da anni, si perde in chiacchiere….
Non vorremmo essere costretti a ricorrere alla Cedu anche per lamentare la mancata esecuzione delle singole sentenze….
In ogni caso siamo pronti..

Avv. Simone LAZZARINI

Class action: il tempo delle chiacchiere è finito

Nel primo pomeriggio di oggi, dopo un’attesa snervante, abbiamo finalmente discusso nel merito il ricorso per class action amministrativa che, a seguito della perdurante inerzia ministeriale, avevamo notificato ai Ministeri della Salute e dell’Economia e delle Finanze e poi depositato al TAR Lazio ancora nello scorso mese di giugno.
Preliminarmente desidero ringraziare i colleghi siciliani e romani che, intervenendo ad adiuvandum nel ricorso rispettivamente con alcune diecine e – addirittura – con alcune centinaia di assistiti, non ci hanno lasciato soli, ma hanno dimostrato nei fatti di aver pienamente condiviso la strategia adottata con i colleghi ricorrenti.
Prima dell’udienza l’avvocatura – che mai si era sentita in dovere di contattarci nei giorni precedenti – ha timidamente cercato di “strapparci” una richiesta di rinvio motivata con l’asserita imminenza della firma sul decreto, ma francamente – dopo essere appositamente venuti da Milano, Cagliari e Lecce – ci sono sembrati poco serio l’approccio e non convincenti le argomentazioni utilizzate.
Non è la prima volta che la controparte ministeriale, messa alle strette, tenta in modo assai bizzarro di stoppare le iniziative dei danneggiati in base a decisioni o fatti nuovi che, casualmente, si verificano sempre il giorno prima o stanno per accadere… è capitato diecine di volte anche in materia di indennizzo…
In sede di discussione abbiamo replicato a quanto scritto dal Ministero nelle proprie difese (un condensato di argomentazioni oggettivamente insostenibili su di una fantomatica natura “privatistica” – ?! – della procedura transattiva) ed abbiamo tutti evidenziato il non più tollerabile ritardo accumulato dal Ministero nella procedura, ritardo che proprio pochi giorni fa il Consiglio Stato ha affermato essere contrario anche all’art. 41 della Carta Europea dei Diritti fondamentali.
E ancora non abbiamo mancato di rimarcare il comportamento ondivago dell’Amministrazione che, con propria circolare, ha dapprima invitato le Avvocature distrettuali a sensibilizzare i legali dei danneggiati a chiedere rinvii nelle cause salvo poi, come dire (???!!!), “menare letteralmente il can per l’aia” per due anni limitandosi, dopo aver fatto correre tutti gli avvocati a completare la procedura telematica RIDAB entro il 19 gennaio 2010, a richiedere, all’evidente scopo di perdere tempo, il reinvio di atti e documenti già nella materiale disponibilità delle avvocature distrettuali e poi infine d’improvviso, cambiare strategia opponendosi alle richieste di rinvio… una farsa insomma…
Per tutta risposta l’Avvocatura ha negato l’esistenza di un provvedimento che in vece avevamo potuto vedere con i nostri occhi (la circolare che invitava a richiedere i rinvii nella cause pendenti) ed ha tentato maldestramente di portare la discussione su un tema, quello della necessità, avvertita dall’Avvocatura, di evitare di transare con soggetti con sentenze negative per prescrizione (così si è espresso l’Avvocato dello Stato), del tutto estraneo all’iniziativa della class action, come pure acutamente rilevato dal Presidente e comunque non idoneo da solo a giustificare due anni di attesa prima di prendere una decisione, qualunque essa sia (“siamo ben oltre il silenzio” ha laconicamente, ma significativamente rilevato il Presidente).
La causa è stata quindi trattenuta in decisione.
Naturalmente non mancheremo d’informarvi sugli ulteriori sviluppi.
Per concludere un doveroso chiarimento.
Personalmente, come ho più volte avuto modo di sottolineare a clienti e colleghi, sarei felicissimo se si realizzasse l’ipotesi del “superindennizzo” di cui allo schema di decreto legge del 5 maggio, ma se la volontà fosse stata e fosse reale la presente azione dovrebbe ed avrebbe dovuto rappresentare uno stimolo, non certo un ostacolo, considerato che la class action era stata preceduta dalla diffida ormai nove mesi or sono e che, nell’ambito di altra lodevole iniziativa giudiziaria, l’inerzia dell’amministrazione era stata censurata oltre un anno fa…
Chiunque dell’amministrazione statale sostenga il contrario (e cioè che la class action impedirebbe l’attuazione del maxi-decreto del 5 maggio) è in evidente malafede e tenta strumentalmente di precostituirsi un alibi per continuare a non fare gli interessi dei danneggiati, che dal primo gennaio (esemplificativamente) saranno costretti a pagare quasi tremila euro di contributo unificato (e quindi non spese di avvocato, ma spese in favore di quello stesso Stato che quel danno ha cagionato) per proporre un ricorso per cassazione avverso una sentenza di corte d’appello e ciò solo per mantenere in vita il contenzioso in essere in attesa che, “con comodo”, qualcuno si decida a risolvere il problema….
VERGOGNA.
Il tempo delle chiacchiere e dell’aria fritta è finito, ora è tempo di agire in tutte le sedi (la CEDU, per inciso, è già investita di numerosissimi ricorsi anche in tema di transazioni).
Buona serata

Avv. Simone LAZZARINI

Un film-documentario per promuovere la conoscenza del dramma “sangue infetto”, una strage di Stato ancora impunita

Cari amici frequentatori del sito,
ho il piacere di segnalarvi una importante iniziativa che ha preso l’avvio in questi giorni grazie all’intraprendenza di un comitato che si occupa della tutela dei soggetti danneggiati da trasfusioni di sangue ed emoderivati infetti.
Si tratta di un progetto ambizioso per la realizzazione di un film-documentario che racconti davvero la vita dei soggetti danneggiati da quella che è e rimane, nonostante certi giudici la pensino diversamente, una vera e propria strage di Stato, un’epidemia colposa, ma io direi anche dolosa ad oggi rimasta incomprensibilmente impunita.
Chiaramente l’iniziativa comporta dei costi non indifferenti da sostenere.
Pertanto, chi desideri contribuire alla buona riuscita del progetto può farlo semplicemente collegandosi alla pagina web http://www.iodono.com/progetto.asp?id=183&action=preview dalla quale è direttamente possibile effettuare una donazione on line
Per maggiori dettagli potrete consultare il sito www.comitatovittimesangueinfetto.it.
Buona giornata

Avv. Simone Lazzarini

Class action amministrativa sulle transazioni: ecco come intervenire

Si avvicina la data della discussione del ricorso per class action amministrativa promosso nei mesi scorsi avanti al TAR Lazio da alcune associazioni di danneggiati.
L’esame della più recente giurisprudenza conferma la possibilità di intervenire nella procedura non soltanto da parte di soggetti portatori di interessi diffusi di categoria, ma anche da parte dei singoli cittadini coinvolti.
Pertanto sia le associazioni a tutela dei danneggiati sia i singoli danneggiati che lo desiderino possono intervenire nel procedimento pendente sino a 20 giorni prima della data dell’udienza (e dunque sino al 14 novembre 2011 essendo stata fissata l’udienza di discussione al 5 dicembre p.v.).
Naturalmente, per correttezza e trasparenza, va segnalato che la mancata partecipazione all’iniziativa non sarà di per sè decisiva per l’eventuale buon esito della transazione, mentre per converso l’adesione di un numero significativo di danneggiati potrebbe – si spera – rappresentare un utile strumento di pressione per sbloccare un iter ormai fermo da tempo.
Detto in parole povere, non è affatto “obbligatorio” partecipare, ma potrebbe essere utile farlo…
Coloro i quali fossero comunque interessati ad intervenire avvalendosi delle prestazioni professionali del nostro studio potranno inviare una mail al seguente indirizzo: info@studiolegalelrs.it per conoscere le modalità di adesione.
Per comprensibili ragioni di carattere organizzativo non sarà invece possibile fornire informazioni telefoniche nè accettare eventuali adesioni che dovessero intervenire dopo il 4 novembre p.v..
Cordiali saluti

Avv. Simone LAZZARINI

Transazioni: il punto della situazione tra class action, Cedu ed ulteriori azioni in sede amministrativa, civile e penale

Quest’anno è mancato l’ormai consueto tavolo “tecnico” (l’aggettivo, nel corso degli anni, si è dimostrato essere puramente ornamentale) per ascoltare le “promesse” del Ministero della Salute sulla nota questione.
Forse è stato meglio così.
Almeno abbiamo risparmiato tempo e denaro.
Roma rimane una città splendida ed unica, ma certamente il turismo “amministrativo” (inteso come visite ai ministeri) non ha lo stesso appeal che una chiesa, un monumento o una piazza della città eterna possono offrire…
In assenza quindi di novità abbiamo deciso di rompere gli indugi con la class action amministrativa di cui abbiamo ampiamente parlato sul sito e per la quale attendiamo la fissazione dell’udienza di discussione nel merito.
Il 4 agosto, infatti, era stata erroneamente fissata un’udienza in camera di consiglio, come se il nostro ricorso recasse con sè anche una domanda cautelare in realtà non formulata e oltretutto neppure prevista dalla normativa di riferimento, col rischio che una sua celebrazione avrebbe potuto provocare nullià insanabili all’intera procedura.
A fronte delle nostre sollecitazioni il Presidente si è impegnato a fissare l’udienza di merito il prima possibile, considerato anche che l’art.1 comma 3 del D. Lgs. 198/2009 prevede che l’udienza di discussione del ricorso che viene fissata d’ufficio, in una data compresa tra il novantesimo ed il centoventesimo giorno dal deposito del ricorso.
L’Avvocatura dello Stato, invece, ha chiesto un rinvio a tempo indeterminato, con ciò una volta di più palesando l’intento deliberatamente dilatorio ed inconcludente (per usare un eufemismo) che anima l’amministrazione nell’ultimo periodo o, forse – volendo malignare – sin dall’inizio della vicenda.
Qualcuno, a fronte di quanto sopra, ci ha accusato di aver fatto una scelta avventata, ma onestamente – pur rispettando chi la pensa diversamente -, dopo diciotto mesi dall’inoltro delle domande per partecipare alle transazioni non si capisce cos’altro e quant’altro tempo avremmo dovuto attendere, in assenza oltretutto di elementi concreti e certi in ordine al raggiungimento in tempi rapidi di una soluzione, eventualmente anche politica, dell’annosa vicenda…
Non è tutto.
Proprio in questi giorni stiamo predisponendo ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo, che già avevamo adito la scorsa primavera sulla questione della rivalutazione, per segnalare nuovamente all’europa il comportamento tutt’altro che corretto dell’Italia nella gestione dell’intera vicenda.
Stiamo altresì valutando ulteriori azioni in sede amministrativa, civile e penale i cui contenuti, almeno per il momento, riteniamo opportuno non divulgare ma dei quali saranno per tempo notiziati in prima battuta i nostri Assistiti.
C’è da scommettere che sarà un autunno caldo (e non certo dal punto di vista meteorologico).

Avv. Simone Lazzarini

Class action amministrativa per sbloccare le transazioni sul risarcimento del danno da trasfusioni di sangue infetto: il Ministero pubblica la notizia sul sito

In tardivo adempimento di quanto previsto dalla normativa (art. 3 c.2 D.Lgs. 20 dicembre 2009, n. 198) il Ministero della Salute ha dato notizia sul proprio sito dell’iniziativa in epigrafe indicata.
Ecco il testo del comunicato:
29 luglio 2011 – Ricorso ex dlgs n. 198/2009 – Ai sensi dell’art. 1 comma 2 del dlgs. n. 198/2009, si dà notizia che è stato notificato al Ministero un ricorso presentato dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio dall’Associazione Talassemici e Drepanocitici Lombardi Onlus, dall’Associazione Giovanile Thalassemici della Provincia di Lecce, dall’Unione Salentina Thalassemici e dall’Associazione per la lotta alla Talassemia finalizzato all’adozione degli atti prodromici alla definizione delle transazioni previste dalla legge 222/07 e dalla legge 244/07.
Ecco comunque il link diretto alla pagina web del Ministero.
http://www.salute.gov.it/speciali/piSpecialiNuova.jsp?id=88
Buona serata a tutti

Avv. Simone Lazzarini