Una curiosa sentenza che forse non sarebbe stata neppure pronunciata se i comuni, da un po’ di tempo a questa parte, non fossero preda di una sorta di (perdonate il latino maccheronico) vis multandi che li induce a sanzionare sempre e comunque infliggendo contravvenzioni di ogni genere e sorta.
Nel caso in esame un signore era stato multato perché portava a spasso il cane su un “tratturo” (sic.).
Il comune aveva irrogato la sanzione perché asseriva che il fatto era avvenuto in un centro abitato ed il cittadino, cui evidentemente non deve far difetto la pervicacia, dato che il Giudice di Pace gli aveva dato torto, ha promosso ricorso in cassazione affinché il supremo collegio, tra le altre questioni, in primis la necessità della contestazione immediata per le sanzioni amministrative diverse dalle contravvenzioni per violazioni al codice della strada, avesse modo di pronunciarsi sulla nozione di centro abitato.
Ricordato che, per le sanzioni amministrative diverse dalle violazioni del codice della strada non esiste l’obbligo di indicare subito le ragioni per le quali la contestazione non è avvenuta immediatamente, ben potendo tali ragioni essere indicate, come avvenuto nel caso di specie, anche in sede giudiziale, la Suprema Corte (Cass. 23820/2009) ha affermato che la nozione di centro abitato non può desumersi dalla semplice, asserita e generica presenza di “altre abitazioni”, essendo necessari più precisi riscontri. Esaminata la cartografia in atti, la Cassazione, ricordato che le sanzioni devono essere specifiche ed indicare il luogo esatto (via etc.) ed il momento esatto in cui sarebbe avvenuta la violazione contestata, ricordato, insomma, che il verbale deve contenere elementi inequivocabili che consentano di definire la fattispecie, ha annullato la sanzione, condannando il comune al pagamento sia delle spese di primo grado sia di quelle del giudizio di cassazione.
A prescindere dalla peculiarità, se non dalla bizzarria del caso di specie, sia consentita una nota forse un po’ polemica.
Ci si lamenta ed a ragione dell’eccessivo carico delle sedi giudiziarie evidenziando la carenza di strutture atte a farvi fronte.
Senza entrare nel merito di una questione sulla quale non è questa la sede per disquisire, basti osservare che meno sanzioni “a vanvera” comporterebbero sicuramente meno opposizioni e, di riflesso, un minor carico di lavoro per gli uffici.
A tale proposito, un più severo regime di condanna alle spese di giudizio, quale può senz’altro desumersi dal nuovo testo dell’art. 91 c.p.c. potrebbe forse costituire un più valido deterrente (indubitabilmente di più della mai abbastanza censurata prassi della compensazione, cui spesso i giudici ricorrono anche quando non ci sarebbero i presupposti) contro il proliferare di controversie assurde.
A tale proposito sarebbe interessante nel prosieguo verificare qual è la percentuale di soccombenza relativamente al capo delle spese di giudizio allorché una delle parti è la pubblica amministrazione rispetto ad analogo numero di casi in cui le parti sono semplici privati.
Ma si sa, Natale si avvicina e siamo tutti (?) più buoni.