Si sa (almeno su questo le varie pronunce sono concordi) che il fermo amministrativo ha una funzione cautelare e prodromica all’esecuzione.
Serve cioè ad evitare che, nelle more tra la notifica della cartella esattoriale e l’inizio dell’esecuzione, il debitore si spogli dei propri beni alienandoli ad altri.
Può capitare che lo stesso contribuente, oltre che un debito verso il fisco, abbia anche un credito.
Questo è il caso deciso dalla Sentenza 15424/09; nel caso in questione il contribuente aveva un credito Iva risalente al 2005 – e quindi non prescritto.
Nondimeno, la pubblica amministrazione aveva sottoposto a ganasce fiscali l’autovettura del contribuente.
Quest’ultimo aveva impugnato il fermo.
La Corte di Cassazione ha dato ragione al contribuente, annullando il fermo.
I Giudici di legittimità hanno statuito che la legislazione in materia di rimborsi Iva (art. 38/bis DPR 633/72) prevede “un articolato sistema di garanzie teso a tutelare l’interesse dell’erario”.
Proprio perché è già garantito, il fisco non può garantirsi due volte e cioè ricorrendo sia alla legislazione speciale sia al fermo amministrativo.
La Cassazione ha quindi accolto il ricorso.
Sorgono tre domande:
•1) se il principio vale tutte le volte che vi è “un articolato sistema di garanzie teso a tutelare l’interesse dell’erario”
•2) se il principio vale anche quando il credito del contribuente verso il fisco non è un credito Iva, ma anche di altra natura e, in questo caso, che caratteristiche deve avere il credito che si intende opporre all’azione cautelare del fisco
•3) se il principio vale anche in caso di iscrizione ipotecaria
Per ora, si può già affermare che la Sentenza è interessante e favorevole.
Può essere utile aggiornare l’articolo precisando che anche il Consiglio di Stato (sente, 517/2010 che ha deciso un ricorso del 2006) si è espresso in proposito sostenendo che sui beni del fallito non è possibile eseguire il fermo amministrativo.
Questi i motivi della decisione: “l’adozione di un provvedimento di fermo amministrativo in pendenza della procedura fallimentare è preclusa dall’art. 168 r. d. 16 marzo 1942 n. 267, che vieta l’inizio o la prosecuzione di azioni esecutive sul patrimonio del debitore, alle quali è equiparabile il fermo amministrativo (Cons. St. , sez. VI, 7 dicembre 2001, n. 6179). La giurisprudenza di legittimità ha infatti interpretato tale norma (art. 168) nel senso che il divieto di azione esecutiva include anche l’emissione del fermo amministrativo da parte della pubblica Amministrazione nei riguardi dei crediti che il fallito vanti nei confronti della stessa, e che l’eventuale compensazione con crediti pretesi dalla pubblica Amministrazione verso il fallito debba farsi applicando esclusivamente l’art. 56 l. fall. (Cass. 3 settembre 1996 n. 8053).” – CDS 517/2010