Una sorprendente sentenza del Tribunale di Milano sul danno da trasfusioni di sangue infetto

Certamente le sentenze di primo grado, se impugnate, possono sempre essere riformate in Corte d’Appello o in Corte di Cassazione, ma è indiscutibile che la decisione pubblicata lo scorso 10 settembre 2007 dal Tribunale civile di Milano, Sezione Decima Civile (n. 10104) rappresenti una significativa “inversione di tendenza” rispetto al trend, sfavorevole per i danneggiati, che le Corti di merito, con l’eccezione di quelle romane, avevano mostrato negli ultimi anni nella nota materia del risarcimento dei danni da trasfusioni di sangue infetto. Continua a leggere

Notizie positive per il risarcimento del danno biologico da somministrazione di sangue o emoderivati infetti?

È notizia di questa mattina che il Governo avrebbe autorizzato la spesa di 94 milioni di euro per risarcire talassemici danneggiati da sangue o emoderivati infetti.
Pur con tutte le riserve del caso, ed in attesa di conoscere il testo completo del provvedimento inserito nella manovra finanziaria 2008 (anche per comprendere quali saranno i requisiti soggettivi ed oggettivi per poter accedere al beneficio, non si può non salutare con favore a questo primo passo finalmente concreto del Governo, sopraggiunto dopo un’interminabile sequela di riunioni, tenutesi presso il Ministero nei mesi scorsi, che hanno ininterrottamente tenuto impegnati rappresentannze delle associazioni e dei legali.
Sarebbe tuttavia auspicabile che il principio, indubbiamente di carattere generale, della doverosità del diritto al risarcimento del danno fosse esteso a tutti i danneggiati (il nostro studio assiste anche numerosissimi trasfusi occasionali) anche per dare un significato ai noti tavoli tecnici indetti dal Ministero della Salute che hanno tenuto impegnato anche il nostro Studio in questi mesi e che, soprattutto, avevano creato più che legittime aspettative in tutti i danneggiati.
Inutile dire che, come ogni anno, certamente non mancheranno emendamenti da oggi e sino alla versione definitiva, dunque potrebbe esserci ancora tempo per rimediare

La Corte di Cassazione insiste: la somma corrispondente all’indennità integrativa speciale va rivalutata

Lo scorso mese di maggio avevamo dato conto dell’importante presa di posizione della Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione in relazione alla ormai nota questione della rivalutabilità secondo il tasso d’inflazione programmato anche della somma corrispondente all’indennità integrativa speciale compositiva dell’assegno bimestrale ex legge 210/1992.
Ebbene, con la sentenza n.18109/2007 la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, recependo le argomentazioni del Procuratore, ha accolto il ricorso presentato da un nostro Assistito e, richiamando i principi enunciati nella nota sentenza n. 15894/2005 da noi precedentemente ottenuta, ha annullato la sentenza della Corte d’Appello di Milano, Sezione Lavoro che si era pronunciata sfavorevolmente nel 2004, rinviando la causa a diverso collegio per la pronuncia definitiva.
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza n. 18109/2007 dell’8 giugno – 27 agosto 2007

Un commento (un pò) tecnico sulla questione del riparto di giurisdizioni in ordine al fermo amministrativo

La Corte Costituzionale “bacchetta” (ordinanza 297/2007) il Consiglio di Stato in ordine al fermo amministrativo. Con un provvedimento alquanto “sotto tono”, il giudice delle leggi, sembra dare, in realtà, un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’odiato strumento.

Quanto segue (lo scriverei in lettere maiuscole, se non fosse contrario alla netiquette) non è un parere, ma solo un’opinione dello scrivente, che sul punto , attende conferma dalla giurisprudenza e, soprattutto, graditi pareri da chi, tra i frequentatori del presente sito, vorrà lasciarne. Ovviamente, e necessariamente, il presente è un articolo un pò tecnico per chi voglia approfondire, tra i giuristi, la questione.

 Cominciamo da un’affermazione semplice semplice. La Cassazione afferma che il fermo amministrativo, di amministrativo, ha solo il nome. Le cosidette “ganasce fiscali” sono, in realtà, uno strumento preordinato all’esecuzione forzata: serve a bloccare il bene mobile per evitare che, nelle more dell’esecuzione, il debitore fugga.

I giudici amministrativi la vedono diversamente e, come per la nota questione degli espropri, pongono un conflitto positivo di giurisdizione. Il fermo amministrativo è (dicono) roba nostra, perchè trattasi di “provvedimento amministrativo di autotutela conservativa del patrimonio del debitore in funzione dell’interesse pubblico”.  Di qui il ricorso alla Corte Costituzionale: il legislatore, si dolgono i giudici amministrativi, sottraendo alla cognizione amministrativa una materia che le è propria, ha violato la costituzione. Non si tratta infatti, secondo i giudici amministrativi, di “atto funzionale all’espropriazione forzata” (come dice la cassazione), ma di atto amminstrativo. Dunque se ne devono occupare i TAR ed il CDS.

La Corte Costituzionale risponde, molto sommessamente, che siamo di fronte ad un uso improprio del ricorso al giudice delle leggi. Ciò che mi state chiedendo, dice la Corte, è la mia approvazione alla Vostra intepretazione sulla natura del fermo. Ma non è questa la mia funzione. Quindi vi respingo il ricorso.

Conseguenza immediata: del fermo amministrativo si occupi il giudice tributario secondo i criteri di cui all’art. 5 c.p.c. Conseguenza mediata: forse che il fermo amministrativo è davvero strumento preordinato all’esecuzione forzata?