Danni da “blackout”: più difficile il risarcimento.

D’ora in poi sarà più difficile ottenere il risarcimento dei danni conseguenti ad interruzione della somministrazione di servizi di pubblica utilità.

Queste le conseguenze della recentissima Ordinanza 21765/2008 che la Cassazione ha depositata il 27 agosto 2008.

Questi i fatti così come illustrati nel provvedimento.

Un giorno, e precisamente il 28/9/2003, in quel di Chiaravalle Centrale (CZ) si verificò un’interruzione nella fornitura di energia elettrica.

Alcuni soggetti, ritenendosi danneggiati, agirono contro l’ENEL Distribuzione S.p.A. e contro il Gestore dei Servizi Pubblici Elettrici S.p.A. chiedendo

•-         al Gestore il risarcimento dei danni da responsabilità contrattuale

•-         all’ENEL, ed in via subordinata, il risarcimento dei danni da responsabilità contrattuale ed extracontrattuale.

La causa, iniziata davanti al Giudice di Pace, fu appellata in Tribunale e finì poi in Cassazione. Quest’ultima ha appunto appena deciso ed i punti essenziali della decisione sono i seguenti:

 – La trasmissione (nella specie, dell’energia elettrica) è il servizio di trasporto e di trasformazione nella rete interconnessa ad alta tensione

– Il dispacciamento è l’attività diretta ad impartire disposizioni per l’utilizzazione  dell’energia elettrica nonché quella diretta al coordinamento degli impianti di distribuzione, della rete di distribuzione e degli impianti ausiliari

 – Trasmissione e dispacciamento sono servizi pubblici essenziali a prescindere dalla natura dell’ente gestore.

– L’art. 33 Dlt. 80/98 afferma che “Le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi oppure relativi a provvedimenti adottati dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento disciplinato dalla l. 241/90, (con esclusione di quelli concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi) sono devolute alla giurisdizione del Giudice amministrativo“.

– Nel caso in esame gli utenti avevano chiesto il risarcimento del danno da responsabilità extracontrattuale invocando l’art. 2043 c.c. domandando (appunto) che venissero risarciti i danni subiti a causa dell’abbassamento di tensione,  quindi la causa non doveva essere proposta davanti al Giudice di Pace, ma davanti al TAR.

– Quindi Le Sentenze del Giudice di Pace e del Tribunale devono esser annullate ed il processo deve prseguire davanti al Giudice Amministrativo che è l’unico ad avere giurisdizione (e quindi a poter emettere Sentenze) in materia.

La Cassazione non si è pronunciata sulla domanda di risarcimento del danno da responsabilità contrattuale perché nessuno ha formulato alla stessa Cassazione un quesito su tale domanda.

Quattro rapide (e ovviamente contestabili) riflessioni dello scrivente.

•1)      Anche se la Cassazione non si è pronunciata sul punto, ritengo che anche in caso di risarcimento danni da responsabilità contrattuale debba essere affermata la giurisdizione del Giudice Amministrativo; l’art. 33 DLT 80/98 infatti non distingue tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale

•2)      Il principio vale molto probabilmente per tutti i pubblici servizi indipendentemente dalla natura del gestore: elettricità, gas, acqua etc. (forse telefono).

•3)      La giurisdizione del Giudice ordinario sussiste quando si tratta di controversie relative a canoni, corrispettivi, tariffe, indennità etc., oppure quando non c’è un provvedimento del Gestore, ma un semplice comportamento.

•4)       Un ricorso ordinario davanti al TAR costa, di solo contributo unificato, 500 euro. Ecco perché (come scritto all’inizio) il risarcimento dei danni sarà, d’ora poi, senza dubbio più difficoltoso.  

Il semaforo era verde: l’ho visto io ; contravvenzioni e prova per testi

La Cassazione, con la recentissima Sentenza 21816/08 depositata il 29/8/08, afferma ancora una volta un principio ben noto:

quanto i pubblici ufficiali (ed equiparati) affermano fa piena prova fino a querela di falso (che è un procedimento particolare il quale serve a dimostrare che il pubblico ufficiale ha mentito). Ciò però vale solo per quanto attiene ai fatti accaduti alla presenza del pubblico ufficiale oppure da lui compiuti, oppure, ancora, per quanto attiene alla provenienza dell’atto ed alle dichiarazioni rese dalle parti. Non vale, invece, nè per quanto attiene alle valutazioni, nè per quanto attiene (semplificando) ai fatti che il pubblico ufficiale non ha potuto constatare di persona.

Questo principio astratto, dedotto da norme di legge ed affermato anche in altre pronunce, è stato applicato, con conseguenze ineccepibili, ma anche interessanti, in un caso in cui il vigile affermava che un automobilista era passato col rosso e l’automobilista lo negava.

L’automobilista chiedeva di poter dimostrare, tramite testi, che il semaforo era verde, ma il Giudice di Pace non ha ritenuto di ammettere la prova per testi che il conducente chiedeva di poter assumere.

La Cassazione ha annullato la Sentenza del Giudice di Pace per difetto di istruttoria.

La  prova per testi andava quindi ammessa.

E’ ovvio che, perchè ci si possa avvalere di tale principio, è necessario

a) che il pubblico ufficiale non abbia direttamente assistito al fatto (se no occorre proporre querela di falso)

b) che ci sia un teste che vi ha assistito

c) che non ci siano altri mezzi di prova (foto, telecamere, etc.) che rendano superflua o smentiscano la prova per testi.

E’ anche ovvio che tale principio vale sempre, sia quando si tratta di contestare una multa, come nel caso in esame, sia quando si tratta, per esempio, di ricostruire la dinamica di un incidente.

Il condominio in frantumi e l’opinione (personalissima) dello scrivente.

Spronato dai commenti, e anche dal fatto che, forse, qualche utente del diritto frequenta questo sito, oserei esporre il mio personalissimo parere sulla Sentenza delle SSUU che afferma la natura parziaria delle obbligazioni del condominio.

E’ tesi, anzi, ancor meno: riflessione affatto personale;  il principio della Cassazione a Sezioni Unite è quello espresso nella Sentenza di cui sopra.

Quanto segue è idea mia, forse totalmente, forse parzialmente sbagliata  (non oso dire: forse giusta), sicuramente aperta a contributi e revisioni – anche radicali.

Si è visto che la Cassazione a SSU parte dal concetto di divisibilità dell’obbligazione pecuniaria del condominio verso il fornitore per dedurre la parziarietà di tale obbligazione.

Volendo essere più realisti del re, osserverei innanzi tutto che posso pulire il 2° piano e non il primo, che posso rifare mezzo tetto – oppure una sola palazzina etc.. Quindi a volte anche l’obbligazione del fornitore è divisibile (tant’è che spesso viene pagata a Stato Avanzamento Lavori), ma non è tanto questo il punto.

Il punto è che mi pare che il codice (1292 c.c.) dica: l’obbligazione è solidale quando può essere adempiuta in un certo modo etc. etc. Non dice cioè: l’obbligazione solidale è X e, se è solidale (quindi uguale ad X), allora deve essere adempiuta così.

L’obbligazione viene definita solidale in funzione delle peculiari modalità del suo adempimento. Non in funzione di sue caratterische intrinseche (chiamiamole pure consustanziali od ontologiche, se ci piace).

La cassazione dice invece: l’obbligazione dei condomini verso il fornitore (ma non viceversa) è divisibile. Anzi, è comodamente divisibile. Quindi non è solidale. Ma il codice non dice mica che le obbligazioni solidali debbano essere necessariamente indivisibili. Anzi, di indivisibilità non parla proprio.

Dice solo che la prestazione deve essere una; letteralmente, “la medesima”. Ma ciò non vuol dire “divisbile”.

Anzi – e maggior ragione – se si guarda l’art. 1314 c.c. si legge “se più sono i debitori di una prestazione divisibile e l’obbligazione non è solidale…” allora l’adempimento è parziario. Segno (secondo me) che ci possono essere obbligazioni divisibili solidali e obbligazioni divisibili parziarie.
Ma divisibilità non vuol dire affatto automaticamente parziarietà.
Prova ne sia che il successivo art. 1317 c.c. afferma “le obbligazioni indivisibili sono regolate dalle norme relative alle obbligazioni solidali”.
Se fosse come dicono le SSUU, la norma sarebbe scritta al contrario e cioè “le obbligazioni solidali sono regolate dalle norme sulle obbligazioni indivisibili”. Ma così non è.
Il principio del 1317 cioè non funziona anche all’inverso. Almeno a mio parere.

Quello che le SSUU sottendono – o sottintendono, ma neanche troppo – è, invero, e sempre a mio giudizio, che in realtà il condominio non è un soggetto di diritto unitario. Prova ne sia che criticano la sua qualificazione in termini di “ente di gestione”.
Se il condominio cessa di essere ente unitario allora esistono solo i condomini – che, logicamente, non possono essere che tenuti pro quota.
Di qui le conseguenze di cui alla citata Sentenza.

A prescindere da questo, è vero e sacrosanto che il legislatore non dice espressamente che le obbligazioni assunte dal condominio verso terzi sono solidali. Ma non dice nemmeno il contrario.

Una riflessione sui profili fiscali m’induce ad un’altra considerazione: sappiamo che il condominio è sostituto d’imposta e soggetto a taluni tributi.

Orbene: se io condominio non verso la ritenuta d’acconto del 4% o non adempio ai mei obblighi fiscali in generale, allora il fisco – seguendo il ragionamento della Cassazione – dovrebbe prenderesela pure lui pro quota con singoli condomini insolventi (e mi vien fatto di pensare alla tarsu, alle sanzioni comminate perchè Tizio Caio o Sempronio non separano la spazzatura etc. etc.)

Non mi pare logico che per il fisco il condominio sia un soggetto unitario, mentre per il sig. Giovanni che ha un impresa edile, no.

Quindi se il comune, per entrate sue non tributarie, pignora l’appartamento del sig. Mario perchè il condominio a cui il Sig. Mario appartiene non paga un’imposta, il sig. Mario potrà proporre opposizione all’esecuzione, con la certezza di vincerla (soprattutto in Cassazione …).

Per quanto riguarda le entrate tributarie, per le quali l’opposizione all’esecuzione non è ammessa, il sig. Mario potrà chiedere i danni ad Equitalia perchè gli ha pignorato la casa per un debito non suo e generato da un’insolvenza di cui non ha alcuna colpa.

Al di là della battuta (è fin troppo facile criticare i rivolti pratici della Sentenza in commento) mi pare che il legislatore consideri sotto più aspetti il condominio come centro unitario d’imputazione di rapporti giuridici (visto che non si vuole chiamarlo ente di gestione).

E i giudici sono soggetti solo alla legge. Non alla cassazione. Neppure alle SSUU.

Visto che, tutto sommato, mi pare sostenibile che il condominio sia centro unitario di rapporti giuridici (ma poi magari m sbaglio, resto in attesa di pareri contrarii) resta da verficare se l’equivalenza  divisibilità = parziarietà sia così pacifica, logica, insormontabile.

Secondo me, no. Ma non so che ne pensate voi…  

Parziarietà dell’obbligazione condominiale: il condominio in frantumi.

E’ notissima anche ai non addetti ai lavori, ai quali il presente articolo è sopprattutto diretto, la dirompente Sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione, datata 8/4/2008 ed avente il n° 9148.

Componendo un contrasto giurisprudenziale e sposando, con una certa sorpresa, la linea minoritaria, la Cassazione ha affermato la natura parziaria delle obbligazioni contratte dal condominio.

Che cosa vuol dire?

La legge (semplificando il concetto) definisce solidali le obbligazioni quando il creditore ha più debitori, ma può costringere uno qualunque di essi a pagare l’intero debito. Ovviamente, una volta che il creditore ha conseguito il pagamento, è soddisfatto, e nulla più può pretendere. Sarà poi il malcapitato condebitore ad agire contro gli altri condebitori per chiedere loro, ciascuno per la sua parte, la restituzione di quanto anticipato al loro posto.

Ovviamente, la definizione legislativa è più articolata e si rinviene negli art. 1292 e ss. c.c., ma, per i fini che ci interessano, quanto sopra può bastare.

Come è noto, fino a poco tempo fa, la giurisprudenza assolutamente prevalente affermava che le obbligazioni contratte da un condominio erano solidali.

Dunque, se un fornitore aveva un credito verso un condominio, poteva agire contro uno qualunque dei condomini e chiedere di pagargli l’intero, magari (se si era costretti ad arrivare alla fase esecutiva) pignorandogli l’appartamento. Sarebbe stata poi cura di quel condomino agire contro gli altri condomini e ripetere, nei loro confronti, la quota anticipata.

Solo qualche pronuncia isolata affermava la natura parziaria dell’obbligazione contratta dal condominio.

Solo qualche Sentenza, cioè, affermava che il creditore del condominio (nel nostro esempio, il fornitore) poteva chiedere a ciascun condomino solo la sua quota di debito (calcolata in base ai millesimi).

Per esemplificare:

1) se si reputa che l’obbligazione del condominio sia solidale, se il fornitore è creditore di 100 ed il condominio è composto di 10 condomini ciascuno con 100 millesimi, il fornitore può chiedere 100 al condomino X; il condomino X agirà poi, a sua volta, contro gli altri.

2) se si reputa che l’obbligazione del condominio sia parziaria, nell’esempio di cui sopra il fornitore potrà chiedere solo 10 al  condomino X (e nulla più), 10 ad Y, 10 a Z etc..

Bene; con la detta Sentenza le SSU affermano (contrariamente a quanto le sezioni semplici avevano finora, a maggioranza, affermato) che l’obbligazione contratta dal condominio è parziaria.

Le SSUU (un inciso: la Sentenza è di facile lettura pure per chi mastichi anche appena un poco di diritto) affermano che nel caso di specie (obbligazione contratta da un condominio) ci sono più debitori (i condomini), la unicità della causa (cioè un unico rapporto, per esempio un contratto, nato nell’interesse del condominio), ma non una prestazione unica ed indivisibile.  Per meglio dire: per il creditore, di solito l’obbligazione è unica ed indivisibile (non posso rifare la facciata per un condomino sì ed uno no), per il debitore no. Il condominio è tenuto (di solito) a pagare una somma di denaro, e questa può essere sempre divisa con una semplice operazione aritmetica.

Ebbene: affermano le SSU che non c’è nessuna norma che imponga che tale obbligo di pagamento sia solidale. Si tratta, in sintesi (afferma la cassazione) di obbligazioni propter rem collegate al godimento della cosa. E – ma questo lo aggiunge o scrivente – la quantità di godimento è espressa secondo i criteri di riparto (tabelle millesimali etc).

E’ vero, proseguono le SSUU, che il condominio viene definito “ente di gestione”, ma si tratta di una definizione che non gli si addice perchè gli enti di gestione, come le società, sono cosa diversa.

Insomma (e per farla breve):  poichè l’obbligo di pagare un debito contratto da un condominio nel proprio interesse è divisibile, trattandosi di somma di denaro, tale obbligazione è parziaria. Il creditore potrà agire contro i condòmini per chiedere loro solo il pagamento della loro quota. E basta.

Certo, scrivono le SSUU, se l’obbligazione fosse solidale, il creditore sarebbe più garantito, ma il criterio della parziarietà appare più equo dal punto di vista sostanziale.

Chiunque abbia una vaga coscienza della vita di un condominio (sia permessa una battuta: i giudici, di solito, non vivono in condominio) può ora ipotizzare quali potrebbero essere le conseguenze di tale siffatto principio (tanto più dirompente, quanto più sono le SSUU ad afferamarlo).

Il fornitore, di solito, non ha sottomano le tabelle millesimali (che sono più complesse di quelle che usato nel mio esempio: 10 condomini con 100 millesimi ciascuno). Anzi, di solito non ha nemmeno i nominativi dei condomini.

Quindi, se non viene saldato, potrebbe avere qualche difficoltà (diciamo così) a recuperare il proprio credito.

Per esempio, anche se solo osa chiedere il pagamento di una quota pari a 100 millesimi ad un condomino che di millesimi ne ha 99,99. Ritengo che costui potrebbe validamente opporsi alla richiesta di pagamento eccependo con successo che gli viene chiesta una quota superiore rispetto a quella che gli compete.

Oppure se, avendo ottenuto il pagamento di 99 su un debito di 100, vuole ottenere il residuo 1. Il creditore, reputo, non potrà chiedere quell’1 al condomino che gli ha già pagato la sua quota. Costui, penso, potrebbe validamente eccepire di aver già dato quello che doveva dare e, forte del principio della Cassazione a Sezioni Unite, di non dover dare null’altro. E magari il creditore non sa neppure chi sia il “responsabile” dell’insoluto.

Sul piano processuale (ma qui è d’obbligo procedere con molta cautela) si potrebbe porre il problema della notifica del titolo esecutivo… e via discorrendo.

Certo (e per rimanere al caso ipotizzato dalle SSUU) chiunque, prima di rifare la facciata di un condominio (o anche solo le pulizie) ci penserà due volte (o forse, tante volte quanti sono i condomini dai quali rischia di non vedersi pagata la rispettiva quota).

L’espediente potrebbe essere (ma è bene precisare che questa è solo l’opinione dello scrivente) quello di procurarsi a priori un titolo (per esempio, un contratto) che sancisca preventivamente la natura solidale dell’obbligazione, precisando cioè che tutti i condomini possono essere tenuti a pagare l’intero debito, e non solo la loro quota. Sorge spontaneo, allora, chiedersi se l’amminsitratore abbia il potere di firmare una clausola siffatta, oppure se una clausola di questo tipo sia vessatoria od abusiva etc..

Tuttavia, allo stato, è agevole ipotizzare che i contratti con una clausola simile siano pochi. Fino ad aprile, invero, non se ne avvertiva il bisogno.

Certo, coloro che lavorano per i condomini, d’ora in poi, dovranno stare molto attenti e la certezza del recupero del credito ne soffrirà (di riflesso, tutto il lavoro nel settore potrebbe subire una contrazione – ma questo è tema che ci porterebbe lontano).

Certo è possibile ipotizzare che, là dove c’era una causa per recuperare un credito di un fornitore nei confronti di un condominio ce ne saranno ora dieci cento, mille, tanti quanti sono i debitori insolventi condòmini di quel condominio.

E le aule di giustizia s’intaseranno ancora di più. Oppure aumenterà l’esposizione debitoria dei fornitori di condomini. O tutt’e due le cose insieme…

Non pare che ciò corrisponda alle “esigenze di giustizia sostanziale emergenti dalla realtà economica e sociale del condominio negli edifici ” e – aggiungerei – dello Stato nel suo complesso. Ma questa è opinione affatto personale.

Nuova utenza e morosità pregresse

Può capitare a qualcuno di subentrare in un contratto di somminsitrazione (di acqua, di gas, di elettricità).E può capitare che il precendente utente fosse moroso.

Può capitare però, e in effetti è capitato, che l’ente erogatore pretenda che chi subentra paghi la morosità di chi l’ha preceduto.

Dica cioè: io non ti allaccio se tu non paghi il debito di chi c’era prima di te.

Tale prassi, oltre che strana, è illegittima.

L’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, con provvedimento 17071/2007 ha sanzionato questo comportamento e quindi gli enti erogatori vi si dovrebbero adeguare. Nello stesso senso esiste un’ordinanza del Tribunale di Catania del 29.10.1999.

 Pertanto, qualora l’ente intendesse proseguire in tale atteggiamento, il consiglio è di avvalersi, se del caso in sede anche giudiziale, di detti pronunciamenti.

Un’interessante orientamento del Tribunale di Milano in punto di morosità condominiali

Va innanzi tutto precisato che quello che segue è un caso limite.

Si tratta di un condominio, nell’hinterland milanese, talmente degradato da avere maturato, nel corso degli anni, una morosità, nei confronti dei fornitori, di circa centomila euro. Ovviamente, la morosità era determinata dal fatto che alcuni condomini non pagavano le spese condominiali. Tale situazione si era protratta negli anni fino a raggiungere l’importo sopra detto (centomila euro, appunto) così che il condominio rischiava di essere privato del riscaldamento, dell’acqua potabile e di altri servizi essenziali.

  Con ricorso al Tribunale, l’Amministratore del condominio, sul presupposto che:

a) lo stato dello stabile era  quello sopra descritto, cioè disperato

b) i condomini morosi erano  ben individuati e, pur essendo iniziate nei loro confronti delle procedure esecutive, le stesse avrebbero avuto una durata tale che, nel frattempo, gli enti erogatori avrebbero interrotto il rifornimento di gasolio e la somministrazione di acqua. Gli altri condomini, solventi, non potevano “fare cassa” per gl’insolventi.

c) il Regolamento condominiale lo permetteva

ha chiesto ed ottenuto di staccare i condomini morosi dal riscaldamento, dall’acqua etc.

Ovviamente, la struttura delle tubature condominiali permetteva un’operazione simile.

Forte di questo provvedimento, l’amministratore ha cominiciato a tagliare tubi, sigillare contatori etc.

A questo punto,  uno degli occupanti dello stabile (e dico, appunto, occupanti, perchè non si trattava del proprietario apparente), moroso, ha chiesto con un (secondo) ricorso di urgenza al Tribunale di ordinare al condominio di riallacciare le utenze interrotte. Ciò sul presupposto di essere stato privato di un bene primario.

Costituitosi in giudizio il condominio, il Giudice del ricorso d’urgenza, rilevato che sussistevano i tre presupposti  sopra illustrati alle lettere a) b) e c)   e rilevato che il primo provvedimento (cioè quello che autorizzava il distacco delle utenze) non era stato fatto oggetto di adeguata impugnazione nè dal proprietario nè dall’occupante, ha respinto il ricorso, condannando altresì l’occupante al pagamento delle spese di giudizio.

Seppure nella eccezionalità della fattispecie (non tutti i condomìni, per fortuna, hanno una morosità di centomila euro!), il caso è da segnalare perchè fa prevalere l’interesse dei condòmini sull’interesse (finora considerato spesso intangibile) del singolo a non vedersi privato di servizi (acqua, riscaldamento) obbiettivamente essenziali.   

Consegna documenti al nuovo amministratore condominiale

Che cosa accade se il vecchio amminsitratore del Condominio non consegna i documenti a quello nuovo, magari utilizzandoli come “arma di pressione” per farsi pagare importi che il nuovo amministratore non può controllare proprio perchè non ha  documenti?

Ormai da tempo la giurisprudenza (v. TSalerno 3/10/06, ma anche lo scrivente ha ottenuto analoga ordinanza dal Tribunale di Desio nonchè da quello di Milano) ha affermato la illegittimità di tale comportamento, autorizzando il nuovo amministratore a ricorrere in via di urgenza all’Autorità Giudiziaria onde ottenere coattivamente la cosegna dei documenti indebitamente trattenuti.

  

La trappola del semaforo giallo

 A chi non è capitato di essere bloccato all’incrocio mentre il semaforo (che era giallo) diventava rosso? Le ragioni possono essere tante, ma, spesso, la causa è la durata del giallo, non adeguata alle condizioni del traffico.Vale la pena riportare che cosa ha recentemente statuito la cassazione (Cassazione civile , sez. II, sentenza 18.04.2007 n° 9167 pubbl. ex mutils su ALTALEX) in proposito. La Sentenza è talmente breve che vale la pena riportarla per intero.M. P. ha impugnato, nei confronti del Comune di Roma, con ricorso notificato il 16 febbraio 2006, la sentenza del Giudice di Pace di Roma, depositata il 20 gennaio 2005, che gli aveva rigettato l’opposizione al verbale di contestazione della violazione di cui agli articoli 41/11 e 146 Cds, redatto dalla Polizia. Lamenta la falsa applicazione dell’articolo 2700 c.c. e la violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. atteso che il Giudice di Pace nulla aveva rilevato in ordine all’eccepita inesistenza dell’elemento soggettivo, determinata dal fatto che era rimasto intrappolato dal traffico nell’area d’incrocio, si che non gli poteva essere imputata la circostanza che fosse scattato il segnale rosso. Il Comune non resiste. Il Procuratore Generale ha chiesto la trattazione del ricorso ex articolo 375 c.p.c., attesa la manifesta fondatezza della doglianza. Continua a leggere

Qualche precisazione sull’assicurazione obbligatoria per le casalinghe

Da qualche tempo a questa parte è riapparsa sui mezzi di comunicazione una campagna che invita le casalinghe italiane ad assicurarsi presso l’INAIL onde garantirsi contro gli infortuni in ambito domestico.
Va dato atto che le informazioni date sono corrette, ma va anche dato atto che sono anche incomplete poiché non danno il dovuto risalto ad alcune importanti disposizioni della l. 493/1999 così come modificata dalla finanziaria 2007
(continua) Continua a leggere

I danni alla persona risarcibili

La Cassazione, dopo vari sbandamenti, pare aver preso un indirizzo univoco sulla nota questione del “danno esistenziale”.

Con la Sentenza 2546 del 6 febbraio 2007 così afferma “Il danno esistenziale, da intendere come ogni pre­giudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) che alteri le abitudini e gli assetti relazionali propri del soggetto, inducen­dolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno non costituisce una componente o voce né del danno biologico né del danno morale, ma un auto­nomo titolo di danno, il cui riconoscimento non può prescindere da una specifica allegazione nel ricorso introduttivo del giudizio sulla natura e sulle caratte­ristiche del pregiudizio medesimo.”

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