Tizio riceve ingiunzioni di pagamento (si suppone siano vecchie ingiunzioni ex RD 639/1910 – lo svolgimento del processo non lo precisa) e cartelle esattoriali per TARSU relativa agli anni 1999 e 2000.
Gli atti non indicano le modalità con cui proporre ricorso né il termine entro il quale ricorrere sicché Tizio non propone ricorso in tempo.
La Commissione Tributaria respinge il ricorso ritenendolo tardivo (il che vuol dire: ti respingo la domanda senza neppure leggerla perché l’hai proposta oltre il termine) e la vicenda finisce in Cassazione.
Con Sentenza 15143/2009 la Cassazione afferma:
•- visto che la legge (Art. 5 l. 212/2000) non prevede espressamente la nullità dell’atto tributario per il solo fatto che le richieste indicazioni non sono presenti
•- visto che l’errore non è “scusabile” e, in ogni caso, il contribuente non ha dimostrato che era scusabile
si respinge il ricorso.
Ci si domanda come dimostrare la “scusabilità” di un errore visto che si tratta di un’opinione e non di un fatto… a meno che non si cada nell’arbitrio più sfrenato.
Ci si domanda dal punto di vista di chi si debba valutare la scusabilità dell’errore – la Sentenza fa il paio con la Sentenza 14987/2009 già commentata su questo sito.
Ci si domanda che cosa accada in caso di cartelle che ingiungono contemporaneamente il pagamento di più entrate le opposizioni alle quali sono di competenza di organi diversi (Giudice di Pace, Tribunale, Commissione Tributaria, TAR… le giurisdizioni non mancano).
Ci si domanda come sia necessario – per obbligo costituzionale, tanto che il legislatore è dovuto intervenire con l’apposita (ed ennesima) norma “salva cartelle” – indicare in cartella il responsabile del procedimento di riscossione, ma non sia necessario (??) indicare termini e modalità del ricorso.
Ci si domanda: ma se io domando al responsabile del procedimento di riscossione davanti a chi ricorrere e come ed entro quando, il responsabile … risponderà?
A modesto parere dello scrivente siamo di fronte ad una Sentenza “costituzionalmente disorientata”, ma, per ora, sembra che il contribuente se la debba tenere e, nel silenzio dell’atto da impugnare, rivolgersi a qualche oracolo che gli dia la risposta giusta nel rispetto dei termini di opposizione.